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Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

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Il CGARS si esprime sulla legittimazione a presentare istanza in sanatoria decorsi novanta giorni dall’ordinanza di demolizione.

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CGARS, Sez. giurisdizionale, sent. del 15 settembre 2023, n. 569.

Secondo un rigoroso e ancora vivo orientamento, cui è informata la pronuncia gravata, è il primo dei riferimenti normativi a venir privilegiato, cioè l’acquisto di diritto per il solo fatto dell’inottemperanza nei termini all’ordinanza di demolizione, con conseguente svalutazione del rilievo dell’attività procedimentale successiva e della possibilità di un’istanza sanatoria postuma. Anche di recente si è statuito che il “presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge”; “Il diverso orientamento invocato dall’appellante (cfr. C.G.A. per la regione Sicilia, 24/12/2021, n 1075) si scontra con l’insuperabile rilievo per cui, decorso inutilmente il termine previsto per la demolizione, il manufatto abusivo è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune, sicché colui che presenta la domanda di accertamento in conformità non è più proprietario del bene che intende sanare, con conseguente carenza di legittimazione all’avvio dell’iter procedimentale”; “La giurisprudenza ha chiarito che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire”; “deve ritenersi ininfluente la sussistenza (o meno) di atto di accertamento di inottemperanza all'ordinanza di demolizione, proprio in forza della natura automatica dell’acquisto da parte dell’amministrazione … l’atto dichiarativo dell’accertamento dell’inottemperanza è necessario ai fini dell’immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari e non è costitutivo dell’effetto acquisitivo … il verbale di accertamento dell’inottemperanza non assume portata lesiva degli interessi del privato” (CdS, VI, 9 febbraio 2023, n. 1434).

A ciò si è aggiunto un ulteriore irrigidimento sul versante della efficacia dell’ordinanza di demolizione, la cui inottemperanza costituisce il presupposto primo, sufficiente o meno che lo si ritenga, perché possa predicarsi la produzione dell’effetto traslativo.

Secondo una prima giurisprudenza, a seguito della presentazione di un’istanza di accertamento di doppia conformità, l’ordinanza di demolizione verrebbe in sostanza meno, sicché, a seguito di un eventuale rigetto dell’istanza di sanatoria, l’Amministrazione dovrebbe adottare una nuova ordinanza di demolizione. Negli anni recenti, ha preso tuttavia sempre più campo un diverso orientamento, mosso dalla preoccupazione di una strumentale reiterazione di istanze di accertamento, secondo il quale l’ordinanza di demolizione non verrebbe meno, ma ne verrebbe temporaneamente sospesa l’efficacia, sicché, a seguito dell’eventuale rigetto dell’istanza di sanatoria, tale ordinanza tornerebbe naturalmente a produrre i suoi effetti, senza bisogno di essere rinnovata (di recente, sulle due tesi, cfr. CdS, II, 20 gennaio 2023, n. 714).

Il Collegio non può fare a meno di rimarcare come il governo di tale quadro normativo, al di là dello scomposto e dunque insufficiente dato letterale, sia e debba essere ormai decisamente influenzato dai principi della CEDU e dalla correlativa necessità di recuperare maggiori margini di tutela per il cittadino, il che induce peraltro a ritrovare, rispetto all’eccentricità di affrettate formule legislative privatistiche, interpretazioni conformi ai principi del sistema pubblicistico. Anche questo Consiglio ha già avuto modo di ritenere “ineludibile un’interpretazione delle norme relative all’acquisizione al patrimonio che tenga conto dei principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cons. St., sez. VI, 4 novembre 2021, n. 7380)” (CGARS, sez. giur., 25 marzo 2022, n. 373, e 29 luglio 2022, n. 876).

Di tutto questo si hanno già inequivocabili indici giurisprudenziali, la cui premessa maggiore è costituita – appunto alla luce dei vincolanti principi della CEDU: la cui violazione ridonderebbe, ex art. 117 Cost., in un’esegesi incostituzionale della normativa nazionale che, proprio perché tale, non merita seguirsi – dalla necessità di farsi carico delle ineludibili conseguenze, a cominciare dalla rilevanza del profilo soggettivo, della qualificazione dell’acquisizione al patrimonio comunale nel novero delle sanzioni in senso stretto, anche con inevitabili riflessi retrospettivi sulle vicende dell’ordinanza di demolizione, che dell’atto di acquisizione costituisce un presupposto.

Natura sanzionatoria dell’acquisizione – e non meramente ripristinatoria, come nel caso dell’ordinanza di demolizione – che il Collegio pienamente condivide: sia alla luce dell’insegnamento del giudice delle leggi (C. Cost., 15 luglio 1991, n. 345: “l’acquisizione gratuita dell’area non è dunque una misura strumentale, per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione”); sia alla luce del dato legislativo, non fosse altro perché l’acquisizione non conduce necessariamente alla demolizione (art. 31, c.5: “L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”).

Le concatenazioni interpretative presentano così, rispetto al citato orientamento (che, come si è visto, si rivela rigoroso solo apparentemente, non essendo in grado di conciliare il tenore letterale delle diverse disposizioni legislative; né, soprattutto, queste ultime con i prevalenti parametri sovranazionali e costituzionali), un decisivo capovolgimento.

Anche qualora si mantenga lo schema della temporanea sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione, si è affermato che, in caso di inottemperanza incolpevole che consegue a un sequestro penale, “il Comune, una volta acquisita notizia della cessazione del sequestro, dovrà notificare nuovamente l’ordinanza di demolizione già in precedenza adottata all’interessato, a questi concedendo un nuovo termine per l’eventuale ottemperanza” (CGARS, sez. riun., parere 13 ottobre 2020, n. 277); giungendosi fino a generalizzare siffatto schema, sicché a partire dalla “considerazione che in pendenza del sub/procedimento volto al c.d. ‘accertamento di conformità’ … la ‘temporanea inottemperanza’ all’ordinanza di demolizione (ovvero – ove il fenomeno venga analizzato sotto altro profilo – la ‘temporanea sospensione’ della sua efficacia e dunque dei termini per eseguirla), costituisca una ‘condotta’ … perfettamente giustificabile”, dunque senza colpa, si è poi affermata in termini più ampi “la ratio … di “rimettere in termini” il cittadino che si sia visto respingere la domanda di concessione in sanatoria, al fine di consentirgli di eseguire “spontaneamente” l’ordinanza di demolizione, e di evitare – così – gli effetti sanzionatori ulteriori (confisca del fabbricato e dell’area di sedime e sanzione pecuniaria)” (CGARS, sez. riun., parere 28 settembre 2022, n. 477).

Con il che, ben si comprende, si finisce in sostanza per tornare all’originaria giurisprudenza, non sussistendo un’apprezzabile differenza (se non eventualmente per i riflessi processuali) tra il notificare una nuova ordinanza e il rinotificare la vecchia ordinanza con rimessione in termini.

In ogni caso, e anche ove si volesse prescindere da quest’ultima conclusione, risulta evidente come – alla stregua di quell’interpretazione sistematica che sembra imporre all’interprete la sostituzione del preteso rigorismo con l’ineludibile coerenza sistematica dell’ordinamento nel suo complesso – il dettato dell’inciso “sono acquisiti di diritto” subisca un inevitabile depotenziamento alla luce dei prefati principi, rimanendo soltanto, ad orpello ormai di carattere più che altro formale, quella persistente affermazione del carattere dichiarativo degli atti.

In sostanza, la suddetta formula non può più essere intesa in senso meramente letterale, ma deve essere ambientata e piegata alla logica del sistema pubblicistico e del giusto procedimento sanzionatorio di matrice anche sovranazionale.

Decisiva è in tal senso la valorizzazione delle vicende successive allo spirare dei termini assegnati per demolire come naturale conseguenza appunto dell’intrinseca natura sanzionatoria dell’acquisizione.

Quanto più tali vicende si procedimentalizzano e si arricchiscono doverosamente di contenuti e di esiti differenziati, tanto più ci si allontana da quella servente funzione dichiarativa e ci si avvicina invece alla produzione provvedimentale dell’effetto.

Questo Consiglio ha avuto così modo di statuire che “il mero trascorrere dei 90 giorni non conclude il procedimento amministrativo volto a tutelare l’integrità del territorio violata dalla costruzione abusiva. La necessità di individuare e rispettare tutte le fasi ulteriori del procedimento risponde ai principi più volte ribaditi anche in sede multilivello di certezza dei rapporti giuridici, di corretto agire della pubblica amministrazione alla stregua del principio di “buona amministrazione” che è di diretta applicazione nel nostro ordinamento … La pubblica amministrazione deve pertanto accertare l’ottemperanza, che deve essere ritualmente notificata all’interessato … In questo interstizio tra il decorso dei 90 giorni e l’adozione degli ulteriori provvedimenti si radica la previsione di chiusura dell’art. 36 del testo unico dell’edilizia dovendosi ritenere questa la sola interpretazione che possa rendere conciliabili le due disposizioni. La celere definizione del procedimento di reintegra del territorio violato impedisce la proposizione dell’istanza di sanatoria, il suo dilatarsi nel tempo consente al cittadino di proporre la verifica della doppia legittimità delle opere abusive” (CGARS, sez. giur., 24 dicembre 2021, n. 1075); è “conforme, pertanto, ai principi nazionali e multilivello il rafforzarsi un orientamento giurisprudenziale che àncora gli effetti compiuti dell’acquisizione gratuita al rispetto delle fasi procedimentali che l’articolo 31 del testo unico sull’edilizia disciplina. Non sarebbe conforme ai principi sopra richiamati una lettura dell’articolo che finisse per considerare legittima l’applicazione di una sanzione amministrativa particolarmente afflittiva prescindendo dal suo accertamento oltre che dalla sua formale irrogazione”; sicché “è conforme, pertanto, ai principi nazionali e multilivello il rafforzarsi di un orientamento giurisprudenziale che àncora gli effetti compiuti dell’acquisizione gratuita al rispetto delle fasi procedimentali che l’articolo 31 del testo unico sull’edilizia disciplina” (CGARS, sez. giur., 25 marzo 2022, n. 373); “l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, laddove prevede che in caso di omessa demolizione il bene abusivamente realizzato e l’area di sedime «sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune» deve essere, pertanto, interpretato alla stregua dei detti principi nazionali e multilivello”; “La scansione procedimentale prevista dal citato art. 31 è, dunque, costituita: i) dal provvedimento di ingiunzione a demolire, con il quale viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli; ii) dall’accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione tramite un verbale che accerti la mancata riduzione in pristino; iii) dall’atto di acquisizione al patrimonio comunale, che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione gratuita dell’acquisto della proprietà in capo al Comune”; “Può, pertanto, ragionevolmente concludersi che l’effetto traslativo della proprietà a favore del Comune, secondo la sequenza procedimentale prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, avviene solo a seguito del provvedimento di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.” (CGARS, sez. riun., parere 16 febbraio 2023, n. 81).

Precedenti non meno significativi sono ravvisabili anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, pur se a volte con graduazioni diverse (cfr. CdS, IV, 14 aprile 2023, n. 3800), ma sempre complessivamente riconducibili a questo stesso indirizzo (v., ad es., sul rilievo del profilo soggettivo e sul diritto al contradditorio, CdS, VI, 9 agosto 2022, n. 7023, e 13 giugno 2023, n. 5770; sulla necessità di un atto formale di accertamento, cfr. CdS, VII, 3 aprile 2023, n. 341).