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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Corte di Cassazione: con la rottura del sacco amniotico il feto diventa una persona a tutti gli effetti.

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Corte di Cassazione, Sezione IV, sentenza n. 27539 del 20 giugno 2019.

Con la pronuncia in esame la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito espressamente che la rottura del sacco amniotico è il primo segno di autonomia dell'essere umano nel ventre materno e che quindi, da tale momento in poi, il feto diventa una persona a tutti gli effetti.

Nel caso di specie un’ostetrica è stata condannata a un anno e nove mesi di reclusione, perché ritenuta colpevole di omicidio, per aver omesso il monitoraggio cardiotografico e aver impedito, così, che la sofferenza fetale fosse scoperta e che fossero adottate le manovre urgenti e indispensabili per scongiurare la morte del feto.

Nel ricorso per cassazione la difesa dell’imputata sosteneva che il feto è soggetto giuridico meritevole di tutela in base ai principi affermati da normative e pronunzie giurisdizionali sovranazionali ed italiane ma che, tuttavia, non è una persona, nel significato assunto nel diritto positivo e, in particolare, nella legge penale ed ogni diversa interpretazione contrasterebbe col divieto di analogia in malam partem, posto dagli artt. 25 Cost., 7 CEDU, 1 cod. pen. e 14 prel. cod. civ..

La nascita del feto, quindi, si realizza esclusivamente con la fuoriuscita dall'alveo materno e col compimento di un atto respiratorio, accertabile con la docimasia polmonare.

La Corte, rigettando il ricorso, ha richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui il criterio distintivo tra la fattispecie di interruzione colposa della gravidanza e quella di omicidio colposo si individua nell'inizio del travaglio e, dunque, nel raggiungimento dell'autonomia del feto che coincide con la transizione dalla vita intrauterina a quella extrauterina.

Nel momento in cui il sacco amniotico si rompe avviene il passaggio dalla vita uterina alla vita extrauterina e, di conseguenza, chi determina la fine di tale vita risponde di omicidio.

Tale criterio - continua la Corte- è utilizzato "ai fini della identificazione del minimum temporale della previsione normativo di omicidio-feticidio, abbandonando quello inizialmente indicato del momento del distacco del feto dall'utero materno, che non offriva riferimenti temporali sufficientemente precisi".

La Suprema Corte ha altresì chiarito che l'inclusione dell'uccisione del feto nell'ambito del reato di omicidio non comporta un'analogia in malam partem, vietata dal nostro ordinamento ma, diversamente, si tratta di una “interpretazione estensiva” pienamente legittima.