Ultimissime

Il Consiglio di Stato affronta alcune questioni in tema di interdittive antimafia.
Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 18 febbraio 2025, n. 1295.
L’articolo 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) limita la correlazione tra giudizio amministrativo avverso la interdittiva antimafia e la misura preventiva del controllo giudiziario esclusivamente al momento genetico-applicativo di quest’ultima, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del primo. Pertanto, pur essendovi una loro iniziale implicazione, i due procedimenti possono avere un autonomo sviluppo, anche perché la misura preventiva assolve alla sua funzione preventivo - risanatrice anche laddove il giudizio amministrativo di impugnazione si sia risolto in senso negativo per l’impresa ricorrente.
Anche a seguito della modifica del comma 2-bis dell’articolo 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), per effetto dell’articolo 48 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 - che ha previsto l'obbligo di una tempestiva comunicazione al soggetto interessato di inizio del procedimento di adozione della interdittiva antimafia - permangono significative limitazioni alla partecipazione della parte privata connesse, da un lato, all'esigenza di celerità e indifferibilità dell’azione preventiva, dall'altro, alla necessità di omettere tutti gli elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose ed eventuali indagini coperte da segreto investigativo.
Ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), l’audizione del soggetto interessato rappresenta una facoltà del prefetto, rimessa a sue valutazioni prudenziali che risentono degli limiti generali individuati dall’art. 92, comma 2 bis.
Il licenziamento di dipendenti pregiudicati non costituisce sufficiente misura di garanzia di trasparenza e legalità, ove si consideri che l’ingerenza mafiosa può agevolmente persistere tramite forme di pressione e di controllo che prescindono dalla presenza nell’organico della società di soggetti referenti e organici al clan.
La diretta interferenza tra i provvedimenti interdittivi e le misure di cui agli artt. 34 e 34 bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) rende del tutto legittimo e comprensibile che il giudice amministrativo, nel valutare tutti gli elementi per apprezzare la sussistenza della infiltrazione, prenda in considerazione - pur nell’osservanza dei limiti cognitori propri del giudizio impugnatorio sull’atto - anche le valutazioni poste dal giudice della prevenzione penale a fondamento del rigetto del controllo giudiziario.