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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Anche lo Studente disabile diciottenne può iscriversi alla prima classe della scuola superiore.

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Consiglio di Stato, Sez. I, sent. del 15 luglio 2020, n. 1331.

Il diritto all’istruzione delle persone con disabilità, di cui il diritto all’integrazione scolastica costituisce parte integrante, è intrinsecamente connesso allo sviluppo della personalità per il legame esistente tra il principio di solidarietà, di cui all’articolo 2 Cost., ed il diritto all’istruzione, di cui all’articolo 34 Cost.; tali diritti hanno avuto pieno riconoscimento nell’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, nell’art. 2 del Primo Protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nell’art. 15 della Carta Sociale Europea nonché nella Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone disabili; pertanto è illegittimo un provvedimento di esclusione dalla prima classe della scuola superiore di un disabile ultradiciottenne (1).

(1) In punto di fatto, al ricorrente è stata rifiutata la iscrizione al primo anno del corso di Istituto tecnico economico tecnologico. A sostegno del diniego l’istituto scolastico ha affermato che “le attuali disposizioni prevedono che lo studente diversamente abile che consegue l’attestato di credito formativo comprovante la conclusione del primo ciclo di istruzione, ha titolo a richiedere iscrizione alla classe prima dell’istituto di scuola secondaria di secondo grado, potendo usufruire delle misure di integrazione previste dalla l. n. 104 del 1992. Tale titolo, tuttavia, è riconosciuto purchè lo studente non abbia compiuto il diciottesimo anno di età prima dell’inizio dell’a.s.”.

A seguito dell’istanza di riesame, l’Amministrazione ribadiva che: “appare chiaro che uno studente ultra-diciottenne, se a conclusione del I ciclo consegue un’attestazione di frequenza, non ha diritto ad iscriversi, in quanto ormai fuori dall’obbligo formativo. Al contrario, qualora lo stesso consegua la licenza di I grado, esso ha diritto a frequentare per un altro quinquennio la scuola di II grado”.

In diritto, giova delineare il quadro normativo entro cui si inscrive la controversia.

A fondamento delle disposizioni della l. n. 104 del 1992, di cui si lamenta la violazione e delle altre leggi sulla tutela degli alunni disabili, si pongono i principi costituzionali di cui all’art. 2 (sulla tutela dei «diritti inviolabili dell’uomo» e sui «doveri inderogabili di solidarietà … sociale»), all’art. 3 (secondo cui «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»), all’art. 34, primo comma (sulla apertura della scuola «a tutti») e all’art. 38, comma 3 (sul «diritto all’educazione» anche quando vi sia una disabilità).

In particolare, il diritto all’istruzione delle persone con disabilità, di cui il diritto all’integrazione scolastica costituisce parte integrante, ha il suo fondamento nell’articolo 34 della Costituzione, al pari di quello delle persone normo-dotate. Esso è intrinsecamente connesso allo sviluppo della personalità per il legame esistente tra il principio di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., ed il diritto all’istruzione, di cui all’articolo 34 Cost..

L’integrazione scolastica delle persone con disabilità costituisce fattore fondamentale dello sviluppo della personalità e trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 38 (Corte cost., sentenza n. 215 del 1987, ribadito di recente nella sentenza n. 83 del 2019).

Tali diritti hanno avuto pieno riconoscimento anche sul piano europeo nell’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, nell’art. 2 del Primo Protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, primo comma, nell’art. 15 della Carta Sociale Europea.

Tali principi hanno trovato altresì riconoscimento nel Piano strategico per le disabilità 2017/2023 del Consiglio d’Europa, che ha esplicitamente indicato la necessità di un approccio basato sulle capacità piuttosto che sulle disabilità.

Sul piano internazionale il riferimento relativo ai principi esposti è alla Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone disabili, entrata in vigore il 3 maggio 2008 e resa esecutiva in Italia con la l. 3 marzo 2009, n. 18.

Occorre altresì rammentare che la scuola, ed in particolare la scuola secondaria superiore, sono andate modificando le proprie funzioni integrando sempre di più sviluppo dinamico-relazionale e sviluppo cognitivo della personalità, dimensioni entrambe riconducibili al dettato dell’art. 2 Cost..

In tale contesto è divenuta pilastro fondamentale del sistema educativo l’integrazione tra sistemi di competenze e sistemi di conoscenze.

L’integrazione scolastica dei disabili persegue un obiettivo alto ma complesso: garantire non solo l’accesso a conoscenze ma anche alle competenze necessarie per l’acquisizione di capacità idonee all’inserimento sociale del disabile.

L’apprendimento e l’integrazione scolastica delle persone con disabilità costituiscono, infatti, una premessa fondamentale della integrazione lavorativa e di quella sociale, che sono alla base di società informate ai principii di solidarietà ed uguaglianza (principii enunciati già da Corte Costituzionale sentenza n. 215 del 1987 e ribaditi di recente nella sentenza n. 83 del 2019).

La disciplina costituzionale dell’istruzione dei soggetti portatori di handicap ha avuto la sua concretizzazione nella legislazione ordinaria che definisce il diritto all’integrazione scolastica delle persone con disabilità.

In base a quanto disposto dalla legge-quadro n. 104 del 1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili e dal d.lgs. n. 297 del 1994, recante disposizioni legislative in materia di istruzione, che sanciscono il diritto del disabile all’integrazione scolastica ed allo sviluppo delle sue potenzialità nell’apprendimento, nella comunicazione e nelle relazioni, per consentirgli il raggiungimento della massima autonomia possibile, gli istituti scolastici sono tenuti ad assicurare l’integrazione configurando percorsi educativi individualizzati (art. 12, l. n. 105 del 1992).

Questo, come si vedrà, vale sia per gli studenti minorenni sia per quelli che abbiano raggiunto la maggiore età.

L’articolo 24 della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, resa esecutiva in Italia con la l. 3 marzo 2009, n. 18, regola il diritto all’istruzione affermando il principio secondo cui (comma 2) “2. Nel realizzare tale diritto, gli Stati Parti dovranno assicurare che: (a) le persone con disabilità non vengano escluse dal sistema di istruzione generale sulla base della disabilità e che i bambini con disabilità non siano esclusi da una libera ed obbligatoria istruzione primaria gratuita o dall’istruzione secondaria sulla base della disabilità; (b) le persone con disabilità possano accedere ad un’istruzione primaria e secondaria integrata, di qualità e libera, sulla base di eguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono; (c) un accomodamento ragionevole venga fornito per andare incontro alle esigenze individuali; (d) le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione; (e) efficaci misure di supporto individualizzato siano fornite in ambienti che ottimizzino il programma scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione.” .

Tale disposizione va coordinata con l’art. 13, l. n. 104 in materia di diritto all’integrazione scolastica, dove si individuano le modalità attraverso cui tale integrazione deve essere resa effettiva.

Il diritto all’istruzione dei disabili, ascritto alla categoria dei diritti fondamentali, passa attraverso l’attivazione dell’Amministrazione scolastica per la sua garanzia, mediante le doverose misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai portatori disabili la frequenza delle scuole e l’insieme delle pratiche di cura e riabilitazione necessarie per il superamento ovvero il miglioramento della condizione di disabilità e per quel che qui rileva anche la coerente acquisizione di competenze - seppur ridotte - scolastiche.

L’integrazione scolastica della persona disabile presuppone, dunque, adattamenti sia logistici che didattici alla singola persona con disabilità, attraverso la definizione di percorsi educativi individualizzati che riflettano le difficoltà specifiche di ciascuno studente con disabilità e le caratteristiche del gruppo in cui l’inserimento deve essere realizzato (Cons. Stato, sez. VI, n. 2023 del 2017, id. n. 758 del 2018, Corte Europea dei diritti dell’uomo, Cam c. Turchia, 23 febbario 2016, in particolare paragrafi 65,66).

Il contenuto del diritto è quindi correlato ad obblighi positivi in capo all’amministrazione. Per questa ragione una serie di strumenti come i piani educativi individuali (PEI) ed i piani di assistenza individuali (PAI) (art. 12, l. n. 104) sono stati definiti dalla legge e vengono impiegati per assicurare un approccio individualizzato ritagliato sulle esigenze specifiche di ciascuno studente.

La prospettiva dell’integrazione, normativamente consolidata si concretizza in una didattica differenziata che si attagli alle capacità individuali dei singoli studenti con disabilità, integrando la trasmissione di conoscenze con quella di competenze. Tale approccio consente di coniugare le esigenze di integrazione delle persone con disabilità con quelle degli altri studenti che hanno diritto fondamentale all’istruzione.

E’ bene sottolineare che il diritto all’istruzione del disabile non contrasta con quello dello studente normo-dotato. Tali interessi non vanno, pertanto, considerati come confliggenti ma, al contrario, come potenzialmente convergenti.

In effetti, l’integrazione scolastica non rappresenta solo l’attuazione dei diritti individuali dei portatori di handicap ma la realizzazione di un progetto sociale coerente con i valori costituzionali della coesione, della solidarietà e del riconoscimento delle differenze quale fonte di ricchezza delle dinamiche sociali.

Naturalmente, la convergenza tra interessi delle persone disabili e degli studenti normo-dotati si può realizzare solo se la scuola dispone di risorse necessarie per individualizzare l’istruzione ove e nella misura in cui questo si renda necessario in ragione delle diverse capacità degli alunni.

Alla luce di quanto sopra detto appaiono prive di fondamento le deduzioni dell’Amministrazione riguardanti le differenze di età tra gli studenti di prima classe della scuola superiore ed il ricorrente.

La possibilità che persone, anche di età diverse, convivano nella stessa comunità va considerata, secondo la moderna pedagogia, una ricchezza, ove accompagnata dalla definizione di percorsi individuali che garantiscano contestualmente l’efficacia dell’apprendimento sia dei soggetti disabili sia di coloro che non hanno disabilità.

Non può condividersi, quindi, quanto dedotto dall’amministrazione secondo cui – sostanzialmente - non vi sarebbe un diritto all’integrazione scolastica per studenti disabili che abbiano raggiunto la maggiore età e che, in tal caso, occorrerebbe fare riferimento all’offerta di corsi per disabili adulti.

Tali considerazioni sono prive di fondamento normativo ed in contrasto con il sistema costituzionale. In tal modo, infatti, verrebbero scissi il diritto all’istruzione e quello all’integrazione scolastica che l’architettura costituzionale integra indissolubilmente.

Come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa il limite del compimento del diciottesimo anno di età, ritenuto costituzionalmente legittimo, è riferito al (solo) completamento della scuola dell’obbligo.

Con riferimento al caso in esame, non si rinviene dal tessuto normativo alcuna disposizione che osti all’iscrizione dell’alunno disabile, il quale abbia già compiuto diciotto anni, alla prima classe della scuola secondaria di II grado.

Sotto tale profilo è evidente che nessuna rilevanza può assumere la necessità, dedotta dall’Amministrazione, di ottemperare alla circolare MIUR. n. 14017 del 21 dicembre 2015: diritti fondamentali della persona come quello all’istruzione e quello alla integrazione scolastica non possono certo essere limitati da una circolare ministeriale.

Sotto altro profilo, l’amministrazione richiama, a supporto delle proprie affermazioni, la sentenza della Corte cost. n. 226 del 2001.

In realtà, come più volte affermato dalla giurisprudenza, la Corte Costituzionale - con riferimento ad un caso nel quale, presso il giudice a quo, si impugnava un provvedimento con il quale il Preside di una scuola media statale aveva respinto la domanda di iscrizione alla classe seconda di un alunno portatore di handicap, in quanto il medesimo aveva già compiuto il 18° anno di età - ha statuito che l’obbligatorietà dell’istruzione di primo grado per gli alunni disabili cessa con il raggiungimento del 18° anno di età e che, superato tale limite, gli stessi hanno il diritto di completare la scuola dell’obbligo frequentando appositi corsi per adulti (cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 6 luglio 2001, n. 226). Orbene, il principio affermato dalla Corte Costituzionale (il cui orientamento è richiamato dall’Amministrazione scolastica in casi analoghi) riguarda il caso specifico della frequenza della scuola dell’obbligo da parte di alunni disabili. Viceversa, nel caso in esame, non si tratta dell’assolvimento dell’obbligo scolastico primario, bensì della iscrizione di un alunno maggiorenne disabile ad una scuola di istruzione superiore; con la conseguenza che il limite di 18 anni di età, oltre il quale le persone handicappate sono ammesse a frequentare la scuola dell’obbligo, risulta privo di rilevanza giuridica (Tar Catania n. 707 del 2017).

Alla luce dei principi citati, dunque, non solo il limite di età del diciottesimo anno è privo di rilevanza ostativa ma il diritto all’istruzione ed alla integrazione scolastica deve ritenersi violato ove si neghi ad uno studente disabile maggiorenne la possibilità di accedere alla scuola media superiore.

Tale diritto comporta che l’integrazione scolastica avvenga considerando adeguatamente sia le necessità dello studente disabile sia quelle del gruppo di studenti della classe in cui questi viene inserito.

Il delicato ma necessario equilibrio tra questi interessi deve essere raggiunto distribuendo le ore tra percorsi individuali e percorsi integrati. La definizione di tale percorso spetta al Gruppo di lavoro operativo handicap – (G.L.O.H. »).