ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 09 - Settembre 2024

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Accesso agli atti sanitari finalizzato all'esperimento dell'azione giudiziaria. Pronuncia del TAR Pescara.

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TAR Pescara, sent. del 23 marzo, n. 180.

E' illegittimo il diniego di accesso alla copia della segnalazione effettuata da un’Azienda sanitaria locale al Sistema di Monitoraggio degli errori sanitari, istituito presso il Ministero della salute, se è solo tale documentazione a consentire l’effettivo esercizio del controllo del privato sull’operato della Pubblica Amministrazione e l'eventuale esperimento dell'azione giudiziaria.

Ritiene il Collegio che vada riconosciuta in capo all’odierna ricorrente la sussistenza di una posizione differenziata, giuridicamente rilevante, qualificabile come interesse legittimo, dotata dei connotati della concretezza ed attualità necessari per proporre ricorso in funzione del conseguimento di un’utilità, che pacificamente può rivestire anche natura morale o mediata, conseguibile per effetto di una pronuncia favorevole che, stante la natura ed il rango costituzionale primario del bene-interesse protetto, non può restare circoscritto né soddisfatto in un’accezione meramente patrimoniale limitata al solo possibile esperimento dell’azione di responsabilità professionale per danni, o all’accesso agli atti del procedimento (cfr Cons. St. n.5018/2019).

Va innanzitutto rilevato, che, contrariamente a quanto dedotto, l’istanza proposta dalla ricorrente non ha ad oggetto l’attività di organizzazione interna con cui l’amministrazione si occupa della prevenzione e della gestione del rischio sanitario, c.d. risk managmenet, onde migliorare il livello e la qualità del servizio nei confronti della collettività. Ciò in quanto, a ben vedere, l’attività di gestione del rischio, attiene ad una fase necessariamente successiva a quella di individuazione dell’evento, e non preventiva, e, come si evince dal contenuto del Protocollo Ministeriale sopra richiamato, si identifica nella redazione di un Piano di Azione da redigere e trasmettere, 45 giorni dopo la segnalazione dell’evento come avverso, per descrivere “le azioni intraprese in seguito ai risultati emersi dall’indagine avviata dalla struttura ed in particolare dall’analisi delle cause e dei fattori contribuenti e/o determinanti l’evento sentinella” con l’individuazione della figura del responsabile del monitoraggio dell’azione”. In particolare, come si è innanzi anticipato, nel Protocollo per l’individuazione degli eventi sentinella, la comunicazione dell’evento avverso avviene nella Fase 1 con la Scheda A, e solo successivamente, una volta che siano state accertate le cause ed i fattori di rischio, questi saranno comunicati assieme al Piano di Azione che fa parte della Scheda B propria della Fase 2 che deve essere inviata dopo 45 giorni dalla validazione della Scheda 1 sugli eventi sentinella. La redazione del Piano di Azione propria del risk management costituisce quindi solo l’ultima fase di un processo di individuazione, verifica dell’evento, accertamento della sua connotazione di gravità, ed individuazione delle cause che scaturisce comunque dalla valutazione del singolo caso clinico e dal suo inquadramento o meno come anomalia suscettibile di legittimare l’intervento del piano contenente le misure di riduzione dell’errore e di contenimento del rischio.

In sostanza, parte ricorrente, con l’istanza in esame, non ha inteso sollecitare una pronuncia dell’amministrazione sull’adozione del Piano di Azione previsto dal Protocollo Ministeriale sugli eventi sentinella, rispetto al quale è indubbiamente estranea, trattandosi di un’attività pro futuro, ma ha mostrato un interesse conoscitivo rispetto alle motivazione della qualificazione o mancata qualificazione del sinistro come evento avverso, che attiene ad una fase comunque antecedente e prodromica all’attivazione del c.d. risk management che intanto può essere attivato in quanto un evento avverso sia qualificato come evento sentinella e sia considerato fattore di rischio.

Non vi è dubbio che il sistema delineato dall’art, 1, commi 538 e 539, della l. n. 208 del 2015, dall’art. 3 bis del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, l’art. 1, comma 539, della l. n. 208 del 2015, come modificato dall’art. 16, comma 1, della l. n. 24 del 2017,e dalla legge n. 24/2017, sia rivolto a garantire nei confronti della collettività una migliore gestione del rischio connesso agli errori sanitari, una maggiore appropriatezza delle risorse disponibili, ed una migliore tutela del paziente.

Tuttavia la posizione soggettiva di parte ricorrente inerisce esclusivamente la fase di individuazione e qualificazione del sinistro, ed è del tutto estranea alla successiva fase di attivazione delle misure correttive che si estrinseca attraverso i percorsi di audit, lo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti, l’analisi delle possibili attività finalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari, la sensibilizzazione e formazione continua del personale, l’acquisizione dei dati da parte dell’Osservatorio presso i Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e per la sicurezza del paziente, ossia tutte quelle iniziative che sono pertinenti alla gestione del rischio ed all’individuazione delle soluzioni più appropriate che ineriscono la tutela della salute come bene della collettività. Tale sistema risponde ovviamente ad un interesse pubblico finalizzato alla prevenzione di rischi in materia sanitaria e al monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure che, certamente, si colloca nella più ampia e fondamentale cornice del diritto alla sicurezza delle cure, affermato dall’art. 1 della l. n. 24 del 2017, ed è indubitabile che ad esso sia da ritenersi estranea la posizione del singolo paziente, il cui evento è l’occasione da cui scaturisce l’attivazione del meccanismo rispetto al quale il singolo non potrà in alcun modo interloquire con gli organismi preposti, in presenza di un processo di organizzazione interno all’amministrazione.

Non può quindi accedersi ad un’interpretazione sulla cui base, nella materia in esame, non possa configurarsi come tutelabile la posizione soggettiva di interesse legittimo del privato che abbia subito una lesione a fronte dell’esercizio di un’attività amministrativa con cui l’A.sl. nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica esprime una valutazione medica in ordine alla riconducibilità di un sinistro a gravi errori e/o anomalie nel funzionamento di un servizio o nella condotta professionale degli operatori sanitari.

Appare innanzitutto riduttivo ritenere che la tutela del privato possa trovare spazio solo nell’ambito della giurisdizione ordinaria, secondo le diverse forme e modalità, previste dalla stessa l. n. 24 del 2017, ossia attraverso l’esperimento dell’azione di risarcimento del danno cagionato dall’errore medico (v., in particolare, art. 7 della l. n. 24 del 2017), o tramite accesso agli atti come previsto dall’art. 4 commi 2 e 3 della legge n. 24/2017.

Come si è affermato in precedenza, con la pronuncia non definitiva di questo T.a.r. n.349/2017 non fatta oggetto di gravame, va riconosciuta come immanente al nostro ordinamento la rilevanza giuridica che viene conferita all’ interesse legittimo individuale e qualificato di ciascun paziente, quale fruitore e finanziatore del servizio sanitario nazionale che trova conferma nel sempre maggior rilievo accordato agli interessi procedimentali amministrativi degli utenti dell’attività sanitaria, e che nella materia in esame trova spazio nell’ampio ruolo attribuito sia al paziente che ai suoi familiari quali “parti necessarie” nella partecipazione al procedimento di individuazione e qualificazione dell’evento avverso, che non può dirsi riducibile al mero apporto di un interventore volontario, o portatore di interesse indifferenziato.

Di qui non può ritenersi percorribile l’opzione di parte resistente incentrata sull’assenza di legittimazione dei pazienti stessi e dei loro familiari, oltre che di tutti i potenziali utenti, ad agire avverso l’inerzia dell’Amministrazione rispetto all’attività discrezionale tecnica di qualificazione giuridica del sinistro, poiché, a voler diversamente argomentare, gli istituti appena menzionati resterebbero rimessi al mero arbitrio dell’Amministrazione stessa e sostanzialmente privi di effettività, in assenza di garanzia di un controllo di legittimità sulla fase di individuazione del rischio che presuppone lo studio e l’analisi del singolo caso da parte dell’amministrazione, con implicito riconoscimento di un errore e/o di un malfunzionamento del servizio la cui gravità, anche in presenza di un solo evento, è suscettibile di mettere in moto il complesso sistema del c.d. risk management di sicuro interesse pubblico.