ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Unione Europea



Osservatorio sulla Giurisprudenza dell'Unione Europea aggiornato al 29 febbraio 2016. A cura di Maria Novella Massetani

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  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 428 / 14 DHL Express (Italy) S.r.l. e a. / Autorità Garante della Concorrenza e del mercato e a.

    La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia rientra nell’ambito della concorrenza. 

    Il regolamento n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 ha lo scopo di garantire un’applicazione uniforme delle regole della concorrenza negli Stati membri attraverso un meccanismo di cooperazione tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza, detto European Competition Network (d’ora in poi ECN). Il suddetto ECN ha adottato un programma-modello di clemenza.

    In Italia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM)  ha scelto un modello che prevede un sistema di clemenza , secondo cui l’ autorità garante della concorrenza esonera dal pagamento dell’ammenda le imprese che denunciano la propria partecipazione ad un’intesa, sempre che sia la prima a fornire informazioni idonee e a consentire, quindi, l’accertamento di una violazione delle regole della concorrenza. La finalità consiste nel promuovere l’individuazione di comportamenti illeciti, incoraggiando i partecipanti alle intese a denunciare.

    L’AGCM ha stabilito che diverse imprese avevano partecipato a un’intesa nel settore dei servizi di trasporto internazionale di merci su strada da e per l’Italia. Avendo la Schenker presentato per prima la domanda di clemenza, non è stata condannata ad alcuna ammenda. Le altre imprese, però, ritenendo ingiusta la decisione, propongono ricorso al Consiglio di Stato che si rivolge alla Corte di Giustizia per interpretare il diritto europeo in materia. 

    I giudici comunitari ricordano la propria giurisprudenza, affermando che gli strumenti adottati, tra cui il programma di clemenza di cui si tratta, dall’ECN non hanno effetto vincolante nei confronti delle autorità nazionali garanti della concorrenza, ciò indipendentemente dalla natura di tali autorità. I programmi di clemenza dell’Unione e degli Stati membri coesistono in modo autonomo. Il diritto dell’Unione non osta a un regime nazionale di clemenza che consenta di accettare la domanda semplificata d’immunità da parte di un’impresa, qualora quest’ultima abbia presentato parallelamente alla Commissione non una domanda d’immunità totale, bensì una mera domanda di riduzione di ammende. In conclusione il diritto nazionale può prevedere che un’impresa, che non sia la prima a depositare una domanda d’immunità presso la Commissione e che possa unicamente beneficiare dinanzi a quest’ultima di una riduzione di ammende, possa presentare una domanda semplificata all’ autorità garante nazionale.

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 515 / 14 Commissione / Cipro

    La fattispecie concreta, oggetto della pronuncia, si occupa della normativa di Cipro che prevede che un dipendente pubblico, di età inferiore ai quarantacinque anni, che si dimette dal proprio impiego nella funzione pubblica cipriota per esercitare un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da Cipro o una funzione nell’ambito di un’istituzione comunitaria o di un’altra organizzazione internazionale, percepisce unicamente una somma forfettaria e perde i diritti alla pensione. Diversamente, invece, è previsto per i dipendenti pubblici che continuano a lavorare a Cipro, che lasciano il loro impiego nella funzione pubblica per esercitare altre funzioni pubbliche a Cipro.

    Il diritto comunitario, ai sensi del Trattato all’art 45, paragrafo 1, garantisce la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione: i lavoratori migranti beneficiano della totalizzazione di tutti i periodi assicurativi affinché sia garantita l’unità della loro carriera in materia di previdenza sociale.  

    La Corte di Giustizia adita afferma che i lavoratori migranti non devono perdere i diritti alle prestazioni di previdenza sociale e nemmeno subire una riduzione dell’importo delle stesse per il fatto di aver esercitato il diritto alla libera circolazione, previsto dal Trattato. La normativa di Cipro pregiudica l’esercizio del diritto dei dipendenti pubblici del loro diritto alla libera circolazione e costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Tale disciplina è idonea a impedire ai dipendenti pubblici di lasciare il loro Stato di origine per accettare un impiego in un altro Stato membro: condiziona direttamente l’accesso dei dipendenti pubblici ciprioti al mercato del lavoro negli Stati membri diversi da Cipro. La normativa nazionale può costituire un ostacolo giustificato ad una libertà fondamentale qualora sia dettata da motivi di ordine economico che perseguono uno scopo di interesse generale. Le autorità nazionali, qualora adottino un provvedimento in deroga al principio comunitario devono provare, caso per caso, che tale provvedimento sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo. In conclusione, la normativa cipriota sui diritti a pensione, che svantaggia i lavoratori migranti rispetto a coloro che non si spostano da Cipro, è contrario al diritto comunitario.

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 601 / 15 J. N. / Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

    La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia prende inizio dal fatto che un uomo ha presentato più volte domanda d’asilo nei Paesi Bassi che sono state sempre respinte, fino a che all’ultimo rifiuto lo Stato ha intimato di lasciare immediatamente l’Unione Europea ed è stato posto in stato di trattenimento. 

    Il giudice nazionale si interroga sulla validità della direttiva 2013/33 del  parlamento europeo e del consiglio del 26 giugno 2013, che autorizza il trattenimento di un richiedente asilo quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.  

    La Corte di Giustizia interpellata afferma che la misura del trattenimento risponde ad un obiettivo di interesse generale, d’altra parte la tutela della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico contribuiscono parimenti alla tutela dei diritti e le libertà altrui. Tenuto conto dell’importanza del diritto alla libertà e della gravità dell’ingerenza che una misura di trattenimento costituisce, la Corte afferma che le restrizioni all’esercizio di tale diritto devono operare entro limiti dello stretto necessario. La possibilità di trattenere un richiedente asilo è subordinata al rispetto di condizioni che riguardano la durata delle detenzione che deve essere la più breve possibile.

    Il rigoroso inquadramento cui è soggetto il potere riconosciuto alle autorità nazionali competenti è garantito dall’interpretazione delle nozioni di sicurezza nazionale e di ordine pubblico. Quest’ultima nozione presuppone, oltre che perturbazione dell’ordine sociale, l’esistenza di una minaccia reale attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. 

    La nozione di pubblica sicurezza comprende la sicurezza interna ed esterna di uno Stato membro. Quindi il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali e la sopravvivenza della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi di rapporti internazionali possono ledere la pubblica sicurezza.

    I giudici comunitari affermano, inoltre, che dal dovere di lealtà degli Stati membri e dalle esigenze di efficacia discende che l’obbligo per gli Stati membri di procedere all’allontanamento deve essere adempiuto con la massima celerità. La Corte rileva che, autorizzando gli Stati membri ad adottare misure di trattenimento per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, la direttiva non è in contrasto con il livello di protezione offerto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo che permette il trattenimento di una persona contro la quale è in corso un procedimento di espulsione.

    La validità della direttiva 2013/33 nella misura in cui è inquadrata al fine di soddisfare i requisiti di proporzionalità, non può essere rimessa in discussione.  

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 299 / 14 Vestische Arbeit Jobcenter Kreis Recklinghausen / Jonna Garcia Nieto e a.

    Nella presente sentenza la Corte di Giustizia richiama e conferma il proprio giurisprudenziale, secondo cui uno Stato membro può escludere da alcune prestazioni sociali i cittadini di altri Stati membri durante i primi tre mesi di soggiorno.

    Ad un padre e un figlio spagnoli vengono negate le prestazioni di sussistenza tedesche per i primi tre mesi del soggiorno in Germania. 

    La direttiva in materia 2004/38/CE del parlamento europeo e del consiglio del 29 aprile 2004 dispone che i cittadini dell’Unione hanno diritto di soggiornare in un altro Stato membro fino a tre mesi, senza altre condizioni oltre al possesso di un documento di identità in corso di validità. Atteso che, durante tale periodo gli Stati membri non possono pretendere che i cittadini dell’Unione possiedono sufficienti mezzi di sussistenza e un’assicurazione malattia personale, la direttiva consente di negare a tali cittadini la concessione di ogni prestazione di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno: ciò per tutelare l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale degli Stati membri.