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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo poi caducato. Pronuncia delle Sezioni Unite.

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Corte di Cassazione, SS.UU., sent. del 25478, n. 21 settembre 2021.

Le Sezioni Unite, pronunciando a risoluzione di contrasto, hanno affermato il seguente principio di diritto nell’interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c.:

In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all’esecuzione si debba concludere non con l’accoglimento dell’opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere, per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari dell’opposizione.

Ha aggiunto la Corte che l’istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c., per aver intrapreso o compiuto l’esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest’ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell’esecuzione; e, solamente quando sussista un’ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all’esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo.