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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Il sillogismo giuridico di cui alla valutazione della stazione appaltante in ordine ai cd. Gravi illeciti professionali nella recente lettura della V Sezione del Consiglio di Stato.

Di Giuseppe Vinciguerra
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Il sillogismo giuridico di cui alla valutazione della stazione appaltante in ordine ai cd. Gravi illeciti professionali nella recente lettura della V Sezione del Consiglio di Stato

Di GIUSEPPE VINCIGUERRA

Con la recente sentenza n. 3772 del 13 maggio scorso, la V Sezione del Consiglio di Stato è tornata ad occuparsi di quella che viene pacificamente considerata una vera e propria norma di chiusura del sistema codicistico concernente i cd. motivi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di affidamento di commesse pubbliche disciplinate dal d.lgs. n. 50 del 2016.

Con la pronuncia in commento è stato invero puntualmente definito il contenuto della valutazione cui è tenuta la stazione appaltante qualora sia venuta a conoscenza di una condotta potenzialmente suscettibile di integrare un “grave illecito professionale” nei termini di cui all’art. 80, co. 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, e come tale in grado di incidere sulla affidabilità e integrità del concorrente.

In particolare il Consiglio di Stato, richiamandosi a quanto già statuito con una propria precedente sentenza della medesima Sezione[1], e muovendosi nel solco dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude ogni forma di automatismo espulsivo dall’ambito decisionale in argomento suggellato da apposita pronuncia dell’Adunanza Plenaria[2], ha rimarcato il duplice ambito di valutazione cui è tenuta la stazione appaltante, dovendo quest’ultima dapprima scrutinare «se si tratti, in ogni aspetto, di un effettivo caso di pregresso “grave illecito professionale”», e poi «in che termini il fatto che lo integra risulti incongruo rispetto all’affidabilità dell’impresa in vista del particolare contratto per il quale è gara», precisandosi al riguardo che il giudizio della stazione appaltante «non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione e il trattamento datogli in sede penale».

Da questo punto di vista, viene invero rilevato come l’apprezzamento del medesimo fatto in sede penale e da parte della stazione appaltante ex art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti pubblici sia ben distinto «proprio per le diverse finalità istituzionali della valutazione e gli inerenti parametri normativi».

Corollario del distinto ed autonomo apprezzamento rimesso all’amministrazione in funzione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dell’operatore economico dalla procedura di affidamento risulta pertanto la non necessità di un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente (e cioè che il fatto sia stato accertato in sede penale con sentenza definitiva) per poterne trarre ragioni di inaffidabilità o non integrità legittimanti la relativa esclusione[3].

In definitiva, a dir del Consiglio di Stato, l’ambito valutativo rimesso alla stazione appaltante si tradurrebbe in un complesso “sillogismo giuridico” articolantesi su due livelli, ritenendo poter discendere la “complessiva verifica del grave illecito ad effetto escludente” unicamente dalla relativa integrazione.

Nello specifico, il primo livello del predetto sillogismo (richiedente uno scrutinio di tipo propedeutico a carattere generale ed assoluto) atterrebbe alla valutazione della suscettibilità del comportamento pregresso di assumere «la qualificazione (oggettiva) di comportamento in grado d'incrinare l'affidabilità e integrità dell'operatore nei rapporti con l'amministrazione»; il secondo livello (di carattere relativo, e necessariamente successivo, subordinato all’esito “favorevole” del primo), dal canto suo, riguarderebbe invece la messa in relazione del fatto scrutinato favorevolmente nei predetti termini del primo livello con il contratto oggetto dell'affidamento, «così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione d'inaffidabilità e assenza d'integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata».

Sulla base di siffatta ricostruzione, il Consiglio di Stato si è occupato di vagliare il ragionamento condotto dalla stazione appaltante nell’ambito della concreta fattispecie sottoposta al suo esame ai fini della decisione della ammissione del concorrente alla procedura di gara de qua.

Nello specifico, delle due ragioni addotte dal rup ai fini della ammissione alla gara dell’operatore economico interessato (la pendenza del procedimento penale e la circostanza che la condotta contestata facesse riferimento ad un ambito non attinente con il servizio oggetto di gara), la V Sezione ha ritenuto costituire “motivo sufficiente ad escludere la rilevanza della condotta” unicamente la seconda (ragione) sulla base dell’assunto che «non ogni condotta penalmente rilevante può essere apprezzata come indizio di inaffidabilità e non integrità dell’operatore economico, ma, per espressa indicazione normativa, solo la condotta suscettibile di integrare un “grave errore professionale”, tale essendo la condotta tenuta in fase di esecuzione di una prestazione contrattuale o, comunque, in qualche modo riferibile temporalmente[4] e logicamente ad una procedura di affidamento di contratti pubblici», con ciò ponendosi sul medesimo crinale ermeneutico già tracciato dalla stessa Sezione con la precedente succitata pronuncia resa nel mese di gennaio[5], nel cui contesto ebbe a precisare che «quel che conta però per la scelta del contraente di un nuovo contratto è la pregressa presenza di omissioni, mancanze o scorrettezze nell’adempimento dei doveri nascenti dagli impegni nella propria attività economica, tali che possono adeguatamente portate a qualificare l’operatore come non affidabile per ulteriori contratti pubblici».

Così argomentando, il Collegio giudicante ha pertanto ritenuto corretto l’operato del rup in ordine alla decisione di aver arrestato la sua valutazione alla prima fase (rectius livello) del sillogismo giuridico di cui si è detto, ritenendo che la condotta contestata nel caso di specie non fosse suscettibile di integrare un “grave errore professionale” e per questa ragione non fosse possibile passare alla valutazione dell’episodio contestato, delle modalità con le quali si era svolto (cd. secondo livello).

Conclude, invero, sul punto il Consiglio di Stato affermando che «l’integrità ed affidabilità di un concorrente va apprezzata nella sua veste di operatore economico, poiché altrimenti sarebbe concessa alla stazione appaltante una valutazione oltre i limiti della funzione esercitata che è quella di pervenire alla scelta del miglior contraente cui affidare l’esecuzione del contratto pubblico», ricostruzione questa che - a dir del medesimo organo giudicante - avrebbe il pregio di evitare di sovrapporre i due giudizi rimessi alla stazione appaltante nell’ambito delle procedure di selezione degli operatori economici cui affidare le commesse pubbliche oggetto di disciplina del Codice dei contratti, l’uno relativo alla idoneità (rectius capacità) del contraente ad eseguire il contratto, l’altro, relativo al possesso dei requisiti di idoneità morale che costituiscono il requisito generale per contrattare con una pubblica amministrazione, e la cui assenza - come noto - è sottoposta alla diversa disciplina dell’esclusione automatica dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Non può, nondimeno, non darsi atto in questa sede del diverso orientamento giurisprudenziale che ritenendo integrare l’articolo 80, comma 5, lett. c), del decreto legislativo n. 50 del 2016 una «“clausola generale” che può, di volta in volta, concretizzarsi in plurimi modi», opta per la rilevanza dei “gravi illeciti professionali” in argomento anche a prescindere dalla stipulazione di un formale contratto d’appalto, ammettendosi che gli stessi possano emergere e venire ad esistenza, a carico di un operatore professionale, alla luce del suo complessivo comportamento, «considerato altresì che le carenze nella esecuzione “di un precedente contratto” integrano una distinta ed autonoma fattispecie escludente, ai sensi della successiva lettera c-ter) del medesimo comma 5 dell’articolo 80 citato»[6].

Il rilevato contrasto giurisprudenziale in materia - da riconnettersi al carattere estremamente elastico della previsione normativa in esame, tale da ricomprendere qualsiasi ipotesi in cui la stazione appaltante ravvisi ragioni per ritenere l’inaffidabilità o la non integrità del soggetto concorrente nell’ambito di una procedura di gara d’appalto, risultando di fatti «la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa rimessa alla integrazione dell’interprete, che utilizza allo scopo elementi o criteri extragiuridici»[7]-, non può non far avvertire forte l’esigenza della relativa tempestiva risoluzione, verosimilmente da realizzarsi attraverso l’intervento in funzione nomofilattica dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sì da fornire all’interprete tenuto a darvi concreta e pratica applicazione meno ondivaghe coordinate ermeneutiche di orientamento, al fine di scongiurare il rischio che la riconosciuta discrezionalità della PA sul punto degeneri in mero arbitrio.

 

 

NOTE:

[1] C.d.S., Sez. V, sent. 8 gennaio 2021, n. 307.

[2] Il riferimento è all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 28 agosto 2020. Sulla non automatica esclusione e la necessità di una valutazione discrezionale della PA, cfr., inter alia, TAR Puglia, Lecce, Sez. II, sent. n. 681 del 7 maggio 2021; TAR Campania Napoli, Sez. II, sent. 22 ottobre 2020, n. 4699; C.d.S., Sez. IV, sent. 4 gennaio 2021, n. 62; C.d.S., Sez. V, sent. 1 marzo 2021, n. 1761; v. inoltre delibere ANAC n. 725 del 9 sett. 2020, e n. 1050 del 2 dic. 2020. Sulla non sussistenza dell’obbligo di motivare l’avvenuta ammissione alla gara di un concorrente, ma unicamente il caso di un’eventuale esclusione, potendo nel primo caso desumersi una determinazione in senso favorevole, per implicito o per facta concludentia, propende l’orientamento giurisprudenziale maggioritario (cfr., inter alia, C.d.S, Sez. V, 30 giungo 2011, n. 3924;  CGA, Sez. giur., 23 gennaio 2015, n. 53, nonché, più di recente, TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sent. del 22 marzo 2021, n. 931); in senso contrario, nel senso della ricorrenza dell’obbligo motivazionale in capo alla PA anche in caso di ammissione del concorrente con precedenti penali, civili, amministrativi, v. TAR Valle d’Aosta, Sez. Unica, sent. del 15 aprile n. 22.

[3] Nel senso che al cospetto della eventuale pendenza di giudizi penali, di richieste di rinvio a giudizio e di indagini di Procure della Repubblica, sia rimesso comunque all’amministrazione stabilire se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità, v. C.d.S., Sez. V, sent. del 1 marzo 2021, n. 1761.

[4] Sul limite triennale della rilevanza temporale degli illeciti professionali, cfr.: TAR Roma, sent.11.05.2020 n. 4917; TAR Toscana, Sez. III, sent.  19 ottobre 2020, n. 1227; più di recente, CGA, Sez. giurisd., sent. del 19 aprile 2021, n. 326; v., inoltre, delibere ANAC nn. 489 e 490 del 10 giugno 2020.

[5] C.d.S., Sez. V, sent. n. 307/2021, par. 4.3..

[6] Così, C.d.S., IV Sez., sent. del 24 marzo 2021, n. 2495.

 [7]In questi termini si è espresso il TAR Puglia, Bari, Sez. I, con sentenza del 7 maggio 2021, n. 825, ove si afferma che l’estensione applicativa della clausola generale di cui all’articolo 80, comma 5, lett. c), del decreto legislativo n. 50 del 2016 non possa essere limitata ai casi strettamente e letteralmente riferibili all’operatore economico, inteso come ditta concorrente, «dovendo l’illecito professionale concernente un fatto di rilevanza penale fisiologicamente necessariamente essere ascritto ad una persona fisica», così concludendosi per la rilevanza dell’illecito professionale indipendentemente dal fatto che sia stato commesso nell’interesse societario.