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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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La natura giuridica della responsabilità da prospetto della CONSOB: tra affidamento, posizione di garanzia e asimmetria informativa.

Di Giuseppe Maria Marsico
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La natura giuridica della responsabilità da prospetto della CONSOB: tra affidamento, posizione di garanzia e asimmetria informativa

 

Di GIUSEPPE MARIA MARSICO

 

 

SOMMARIO: Abstract - 1. Introduzione - 1.1. La rilevanza della fiducia e dell’informazione adeguata nel mercato finanziario - 2. Il modello della responsabilità e l’analisi dell’elemento soggettivo - 3. Il principio dell’affidamento e asimmetria informativa - 4. La determinazione del danno – 5. Conclusioni

 

Abstract: In materia di danni conseguenti alla mancata, inadeguata o ritardata vigilanza da parte degli enti pubblici preposti al controllo su banche ed intermediari, non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Banca d’Italia e Consob sono tenute a rispondere delle conseguenze della violazione dei canoni comportamentali di diligenza, prudenza e perizia, nonché delle norme di legge e regolamentari relativi al corretto svolgimento dell’attività di vigilanza, quali espressione del generale principio del “neminem laedere”. Trattasi dunque di comportamenti doverosi che non integrano l’esercizio di poteri amministrativi e, come tali, sono sindacabili dal giudice ordinario in ordine al profilo risarcitorio. Si analizzarà, altresì, il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla natura giuridica della responsabilità de qua, stanti gli interessi  pubblicistici coinvolti e il principio di affidamento.

 

 

  1. Introduzione

Da molti anni è particolarmente controversa, in dottrina e in giurisprudenza, la questione relativa al mancato esercizio da parte della Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB) del potere di controllo, preventivo e successivo, sulla completezza e veridicità delle informazioni fornite dai promotori di un’operazione di offerta di pubblica sottoscrizione nei confronti degli investitori.

Il potere conferito alla CONSOB si riconduce alla tradizione costituzionale e pubblicistica, stanti i particolari interessi super-individuali e generali coinvolti. In particolare, in tale ottica, è di notevole rilevanza il disposto di cui all’art. 47, il quale prescrive che la Repubblica deve incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme; di conseguenza, la Consob è chiamata ad imporre all’emittente un onere di chiarezza nelle informazioni prodotte in sede di offerta pubblica di acquisto o di scambio, affinché vengano evitati eventuali abusi e scorrettezze informative.

Il prospetto è il documento informativo per eccellenza nel mercato finanziario che sintetizza i vantaggi e le clausole di ogni investimento finanziario, illustrandone i rischi, i vantaggi e la durata. Dunque, esso ha la ratio di permettere a tutti gli investitori di decidere in maniera chiara e consapevole se investire o meno in un determinato prodotto finanziario lato sensu inteso.

Si tratta di un documento, quindi, utilizzato per soddisfare i principi di buona fede e correttezza nelle trattative che precedono la conclusione del contratto e che incide sull’interesse generale ad una corretta ed esaustiva informazione al pubblico degli investitori ed al mercato in genere. È evidente, pertanto, l’importanza fondamentale di tale strumento nel consentire una corretta e adeguata formazione della volontà contrattuale da parte dell’investitore e nel favorire lo sviluppo di un clima di fiducia nel mercato dei titoli da parte dei risparmiatori-investitori, intesi quali parti deboli (c.d. asimmetria informativa).

Il riconoscimento della responsabilità della Pubblica Amministrazione costituisce ormai una certezza, a seguito del lungo processo evolutivo circa la risarcibilità degli interessi legittimi. Sin dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo, infatti, vi era solo il riconoscimento di una responsabilità della pubblica Amministrazione per lesione dei diritti soggettivi per effetto di atti e/o comportamenti di quest’ultima (1). Dalla istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, avvenuta in data 1889, quale Autorità chiamata a conoscere delle controversie in materia di interessi legittimi, è iniziato un lungo percorso giurisprudenziale e normativo teso al riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi. Dapprima la giurisprudenza ha riconosciuto la tutela risarcitoria degli interessi legittimi di tipo oppositivo, successivamente con la storica sentenza della Corte di Cassazione n°500/99, da ultimo confermata dalla sentenza n°4326 del 2010, è stato riconosciuto il risarcimento degli interessi legittimi pretensivi. In tal senso si è inserito il primo provvedimento legislativo che ha codificato la risarcibilità degli interessi legittimi, vale a dire l’articolo 7 della legge 21 luglio 2000 n°205, il quale, appunto, ha attribuito al Giudice Amministrativo la cognizione in tema di questioni relative al risarcimento del danno, anche in forma specifica. Un ultimissimo approdo normativo alla tematica si è, poi, avuto con la promulgazione del Codice del processo amministrativo, che, all’articolo 30 conferisce esplicita tutela risarcitoria al “danno ingiusto di natura patrimoniale derivante dall’illegittimo esercizio di una attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. La disciplina posta dal predetto articolo ha chiarito che la responsabilità risarcitoria della pubblica Amministrazione ha natura di responsabilità aquiliana. Questa scelta legislativa, ponendosi in continuità con il dettato della prefata sentenza 500/99, supera le precedenti tesi di svariate dottrine sviluppatesi prima dell’avvento del Codice del processo amministrativo, tra cui, la tesi della responsabilità cosiddetta da contatto sociale. Questo risultato è di indubbio valore per lo sviluppo e la soluzione del tema in questione, se si considera che la responsabilità da contatto qualificato con le proprie implicazioni – riguardo in particolare alla limitazione attinente all’elemento soggettivo della colpa – è stata utilizzata proprio nel caso di responsabilità della pubblica Amministrazione, e per essa delle Autorità di vigilanza, per omesso controllo dei prospetti informativi. Il ricondurre questa responsabilità da prospetto informativo nell’alveo della responsabilità da contatto sociale comporta alcune importanti implicazioni e conseguenze. In primo luogo l’onere della prova non è ripartito secondo le previsioni di cui all’articolo 2043 del Codice civile, bensì nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1218 del Codice civile, attraverso una presunzione di colpa derivante dalla illegittima attività omissiva della Autorità vigilante nel controllo dei prospetti informativi, con la conseguente sussistenza in capo ai privati-risparmiatori della mera prova dell’inadempimento della pubblica Amministrazione stessa. Nel modello della responsabilità da contatto sociale, a seguito del solo affidamento riposto dal privato verso l’attività di vigilanza della Pubblica Amministrazione, si configura, così, una responsabilità di quest’ultima. La responsabilità si attribuisce non per la lesione di una posizione giuridica soggettiva di un soggetto qualunque, bensì proprio per la lesione nei confronti di un soggetto, con il quale si è instaurato, comunque, un rapporto, anche se in ambito di un procedimento amministrativo. Ciò implica una serie di ulteriori considerazioni: la possibilità per l’Amministrazione pubblica di vedersi risarcito il danno indipendentemente, quindi a prescindere, dalla lesione del bene della vita del soggetto privato; l’inversione dell’onere della prova e della colpa; il conseguente inquadramento della responsabilità della pubblica Amministrazione in chiave contrattuale, con la conseguente implicazione della prescrizione decennale, anziché quinquennale; la distinta determinazione del quantum risarcitorio. Giova rilevare, tuttavia, come, ad oggi, sia preferibile aderire alla teoria che ravvisa nella responsabilità civile della P.A. una natura extra - contattuale, con i predetti risvolti pratico-applicativi in punto ex multis di onere della prova e termine della prescrizione e quantum risarcitorio. Secondo una illustre dottrina - sulla base di una analisi economica del diritto civile, dunque, il costo di una adeguata e completa informazione sarebbe a carico - entro certi limiti - dell’investitore.

Il modello di responsabilità da contatto è, pertanto, una particolare forma di responsabilità nata proprio per venire incontro alle molteplici necessità di tutela, tipiche della moderna società, relativamente al risarcimento del danno, al di là dello schema certamente troppo riduttivo sia della responsabilità contrattuale che extracontrattuale. Questa responsabilità, come già accennato, è stata sottoposta a critica proprio perché ha aperto la strada al risarcimento del danno della pubblica Amministrazione non solo prescindendo dall’elemento soggettivo della colpa, quanto dallo stesso danno, prefigurando una sorte di automatismo che avrebbe dato maggiore garanzia alle pretese procedimentali partecipative dei soggetti privati, piuttosto che alla lesione di interessi sostanziali.

Chiarito, così, il riconoscimento della responsabilità della pubblica Amministrazione di tipo aquiliano ex articolo 2043 del Codice civile (2), l’interesse del bene della vita oggetto di pretesa di risarcimento del danno nel caso di specie avrebbe, secondo la Corte di Cassazione, natura di diritto soggettivo, in quanto l’interesse degli investitori a vedere tutelato il proprio risparmio è fortemente ritenuto meritevole di tutela di protezione dall’ordinamento, sussistendo in capo agli Organi di vigilanza il potere di controllo del rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione. La responsabilità per omesso controllo di prospetto informativo, ad esempio, si rinviene nel caso della Consob nel decreto legislativo 58/98 (TUIF), con particolar riguardo all’articolo 91. Ai sensi della citata norma, la Consob - nell’esercizio dei propri poteri - deve avere riguardo alla tutela degli investitori, nonché alla trasparenza ed all’efficienza del mercato. La tutela degli investitori è una delle forme attraverso le quali si tutela il risparmio, alla luce di quanto disposto dall’articolo 47 della Costituzione.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno sul tema precisato che le controversie aventi per oggetto una domanda di risarcimento del danno per violazione degli obblighi di vigilanza in materia di tutela del risparmio e del mercato mobiliare sono devolute al Giudice ordinario e non al Giudice Amministrativo, non rientrando nemmeno nella giurisdizione esclusiva di quest’ultimo prevista dall’articolo 133 del Codice del processo amministrativo. Tale orientamento consolidato della Suprema Corte trae le proprie basi sul presupposto che i soggetti investitori-risparmiatori, a differenza di quanto avviene per i soggetti abilitati alla intermediazione, nei cui confronti le Autorità di vigilanza esercitano una serie di poteri diretti ad assicurare la correttezza e la trasparenza dei loro comportamenti, non sono l’oggetto del potere amministrativo di vigilanza, bensì sono i soggetti verso i quali è diretta la tutela. Le decisioni della Corte, tuttavia, sono state sottoposte a diversi rilievi critici, per la discutibile riconduzione della posizione giuridica dei risparmiatori nei binari del diritto soggettivo, piuttosto che dell’interesse legittimo.

  • La rilevanza della fiducia e dell’informazione adeguata nel mercato finanziario

Fondamentale importanza al fine del corretto funzionamento degli strumenti finanziari è il grado di fiducia che i singoli soggetti ripongono nel sistema; solamente in queste condizioni gli investitori opteranno per investire le proprie risorse in prodotti finanziari generando un positivo effetto per le società emittenti. In altri termini, più gli investitori sono informati e, conseguentemente, certi della remunerazione dei propri investimenti, più opteranno per questa tipologia di impiego di capitale in luogo di altre (dotate, al contrario, di una meno completa informativa).

In tale ottica, viene percepita dagli stessi operatori la necessità di fornire agli investitori un’adeguata informazione necessaria affinché questi giungano a una corretta valutazione circa l’opportunità di investire nei mercati finanziari.

Le informazioni trovano la propria genesi nel mercato primario e sono spesso successivamente valorizzate nel mercato secondario. Nei contratti finanziari assumono un ruolo di rilievo quelle informazioni che sono fornite ai clienti non professionali. Questi ultimi non posseggono, spesso, la competenza tecnica e gli strumenti necessari per valutare la rispondenza al vero di quanto emerge dai prospetti informativi.

D’altra parte anche le imprese sono incentivate ad informare i potenziali investitori se si propongono di ottenere la fiducia degli stessi. Affinché, però, l’informazione volontaria da parte delle imprese sia ottimale devono sussistere tre distinte condizioni: in primo luogo, gli investitori devono sapere che le imprese hanno una certa informazione; in secondo luogo è necessario che le imprese non possano mentire, fornendo mendaci o false informazioni, essendo tali condotte sanzionate); da ultimo, l’informazione non deve avere costi nel quale caso sarà prodotta dagli emittenti in quantità inferiore a quella socialmente desiderabile. Il legislatore si preoccupa, al fine di tutelare il funzionamento corretto del mercato finanziario, di preservarne la trasparenza con lo scopo di accrescere la fiducia degli investitori nel mercato, nonchè di tutti gli operatori.

La trasparenza costituisce del resto quel fondamentale prerequisito per il corretto funzionamento del mercato al fine di una giusta tutela dell’investitore, visto sia nella prospettiva statica di chi è titolare di valori mobiliari sia in quella dinamica di chi opera sul mercato. Le regole di condotta poste a carico dell’emittente e dell’intermediario hanno un duplice scopo: nella prospettiva economica, hanno la finalità di evitare l’inefficienza di mercato. L’obiettivo del mercato è l’ottimo paretiano, ossia la migliore possibile allocazione delle risorse sul mercato, al netto delle esternalità negative; nella prospettiva giuridica, hanno invece lo scopo di eliminare la “disuguaglianza sociale” presente nel contratto, ripristinando l’effettiva libertà negoziale delle parti, mediante un “contrappeso” alla presunta asimmetria informativa del cliente.

In questo senso, i concetti di “efficienza” ed “equità” sono precondizioni necessarie al fine di soddisfare un’utilità sociale “ovvero lo sviluppo del mercato e financo la tutela del risparmio in tutte le sue forme” (art. 47 Cost.).

 Nel rapporto tra emittente e sottoscrittori potenziali di prodotti finanziari sussiste - come accennato - un annoso problema di asimmetria informativa che, inevitabilmente, condiziona il valore dell’investimento sottoscritto dall’investitore.

I rapporti sussistenti tra le parti infatti non solo intervengono fra un professionista e un soggetto inesperto in ambito finanziario, ma hanno anche ad oggetto un bene che, in ogni caso, l’investitore avrebbe grande difficoltà a valutare con completezza autonomamente per la naturale complessità e l’alto contenuto “tecnico” che lo contraddistingue. Appare evident, tuttavia,  che le informazioni necessarie all’investitore per valutare il suo effettivo interesse all’acquisto di strumenti finanziari sono in possesso dell’emittente o dell’intermediario, ovvero di coloro che hanno l’interesse maggiore alla conclusione del contratto.

L’operatore professionale ha la possibilità di accedere ad una maggiore quantità di informazioni; diversamente dall’investitore, ha inoltre gli strumenti necessari, l’esperienza e la professionalità per comprendere con esattezza la rischiosità concreta e l’alea dei diversi prodotti finanziari.

La disuguaglianza conoscitiva di fatto sussistente tra i contraenti genera a carico dell’emittente e dell’intermediario un obbligo di informazione il quale non riguarda tutto ciò che è già noto alla controparte bensì tutte quelle informazioni che si presume sia opportuno che l’investitore conosca.

Ne consegue che un’errata e/o non completa informazione può ledere, in primo luogo, l’interesse degli investitori che concludono operazioni di finanziamento a condizioni svantaggiose rispetto al reale valore dello strumento finanziario (qualora le informazioni siano troppo “benevole” nei confronti dell’emittente); può inoltre ledere, all’opposto, l’interesse della società emittente qualora l’informazione non corretta rappresenti la società stessa con connotati negativi non rispondenti a realtà.

L’informazione assume pertanto un ruolo di fulcro centrale, in questo contesto, a tal punto che, potendo produrre un’utilità socialmente apprezzabile, viene qualificata come un autonomo “bene” giuridico e non più quale mera aspettativa o interesse legittimo.

Corollario del dovere di informazione è il dovere di chiarezza il quale, come il primo, ha lo scopo di ovviare alle “asimmetrie informative” sussistenti tra intermediario finanziario e risparmiatore.

 

 

  1. Il modello della responsabilità e l’analisi dell’elemento soggettivo

In tale ottica, l’orientamento maggioritario - in dottrina e in giurisprudenza - ha sancito la natura di diritto soggettivo della posizione giuridica che si pretende tutelare in tale ottica. La medesima posizione giuridicamente tutelata consegue e deriva da una dedotta colpa - consistente in una condotta attiva o passiva dell’Autorità di vigilanza nell’attività di controllo inerente la vendita nei mercati mobiliari per responsabilità di tipo extracontrattuale di cui all’articolo 2043 del Codice civile. Nella fattispecie occorre svolgere alcune valutazioni circa elemento soggettivo dell’illecito aquiliano. La Corte di Cassazione ha in un caso, tra l’altro, rilevato sì che la Consob – quale Autorità di vigilanza dei mercati – gode di discrezionalità nella scelta del tipo di strumento più idoneo da utilizzare tra quelli previsti dalla legge per verificare la completezza, la veridicità e la coerenza delle informazioni nei prospetti informativi, ma, nello stesso tempo, ha limitato la responsabilità alle ipotesi di manifesta non veridicità delle informazioni contenute nel prospetto, che emergono in maniera manifesta. Tale limitazione, criticata in dottrina, tuttavia, è stata recepita dalla legge 262 del 2005 che ha esteso alle Autorità di vigilanza la limitazione prevista dal TU 3/1957 (3) per i dipendenti dello Stato.

E’ stata, così, esteso il previsto istituto della limitazione di responsabilità solo ai casi di dolo e di colpa grave. Questa modifica al regime della responsabilità, pur se parte della dottrina non è concorde nel ritenerla compatibile con i principi del nostro ordinamento giuridico, per via di uno svuotamento della piena ed effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive, troverebbe la propria giustificazione, secondo alcuni, in relazione alla particolare valenza e complessità dell’attività amministrativa – nella quale è possibile facilmente commettere errori per colpa lieve – delle Autorità di vigilanza.

La responsabilità si inquadrerebbe, quindi, nel modello previsto dall’articolo 2236 del Codice civile. Secondo altra parte della dottrina, non è da ritenersi conferente tale ipotesi, considerato che, nel caso di valutazioni tecniche discrezionali di elevata complessità, come quelle presenti nella fattispecie in analisi, la responsabilità sarebbe già protetta da una sorte di rete giuridica di contenimento, tramite la previsione degli eventuali errori compiuti dall’Autorità di vigilanza nell’esercizio delle proprie funzioni.

Peraltro, personale delle Autorità di vigilanza dei mercati, con particolar riguardo ad esempio alla Consob, è talmente qualificato rispetto a gran parte di quello presente nel pubblico impiego proprio per non permettere l’applicabilità dell’esimete di responsabilità prevista dall’articolo 2236 del Codice civile. Non troverebbe, così, apprezzamento la limitazione della responsabilità per le Autorità indipendenti in materia di vigilanza del credito, del risparmio e del mercato mobiliare, a causa di una incisiva deroga rispetto a quanto previsto nell’articolo 28 della Costituzione.

Secondo una distinta ricostruzione ermeneutica, l’estensione del regime della responsabilità amministrativa prevista per i dipendenti pubblici sbilancerebbe eccessivamente il bilanciamento tra interesse pubblico della tutela degli investitori e dei consumatori e l’interesse pubblico alla stabilità e competitività dei mercati in favore di questi ultimi. Ma, tralasciando il dibattito annoso ed attuale su tale aspetto, soffermando l’osservazione circa l’elemento soggettivo dell’illecito per errato prospetto informativo ed omesso controllo sullo stesso, occorre chiarire che si verte sempre e, comunque, in ipotesi di colpa grave, laddove l’Autorità di vigilanza ha tenuto un comportamento omissivo o inerte di fronte ai propri doveri di vigilanza. L’Autorità pubblica ha, infatti, sempre il dovere di verificare se le informazioni da prospetto informativo sono veritiere ed esteriormente complete, coerenti e non manifestatamente illogiche. La limitazione di responsabilità, inoltre, non è ammessa, quando vi sono comportamenti lassisti o macroscopiche inosservanze dei doveri d’ufficio o di abuso di posizione per fini personali.

Dunque, il controllo dell’Autorità non può e non deve consistere soltanto in un controllo meramente estrinseco, perché deve consentire agli investitori di pervenire ad una consapevolezza concreta nella scelta degli investimenti. E’ obbligo, in caso di mercati particolarmente rischiosi, quali quelli non regolamentati, che venga effettuata una debita istruttoria – anche se ovviamente non invasiva verso il principio di tutela della concorrenza dei mercati, per giungere a conclusioni circa l’attendibilità in termini di completezza e di coerenza dei prospetti informativi.

  1. Il principio dell’affidamento e asimmetria informativa

Pertanto, una volta posta in essere la propria attività amministrativa con la dovuta diligenza e perizia e prudenza professionale in relazione alla complessità del servizio, la Autorità potrà considerarsi pienamente esente da ogni responsabilità. Non si può attribuire alla Autorità di vigilanza dei mercati la totale responsabilità, soprattutto in mercati altamente rischiosi come quelli non regolamentati, della positiva riuscita degli investimenti. Il controllo della completezza e della trasparenza del prospetto informativo va condotto in relazione alla funzione dello stesso e rapportato ai poteri dell’Autorità ed ai tempi in cui può essere svolto lo stesso. E’ manifesto, d’altronde, che nei mercati non regolamentati, a differenza di quanto potrebbe avvenire in quelli regolamentati, l’azione di tutela da parte della pubblica Amministrazione per il risparmio e gli investimenti diminuisce in contrapposizione all’aumentare della aleatorietà e della rischiosità degli investimenti. Ciò non rende, comunque, esente da responsabilità lo Stato, laddove non sia stato operato il controllo del prospetto informativo nei termini già espressi o sia stato posto in essere un controllo manifestatamente insufficiente. Informazioni inesatte, oppure omesse nel prospetto informativo o gravi valutazioni nel prospetto informativo, anche nei mercati non regolamentati, sono da ritenersi sempre idonee astrattamente a ledere il diritto all’informazione completa e la libertà contrattuale dei soggetti investitori, in quanto il prospetto informativo induce i soggetti investitori ad autodeterminarsi ( art. 13 Cost) nella scelta degli investimenti ed ad effettuare una scelta, piuttosto che una altra.

Anzi le false informazioni o la presenza di un unico prospetto informativo sono determinanti, soprattutto in un mercato non regolamentato visto il loro notevole e maggiore affidamento che ingenerano negli investitori rispetto ai mercati regolamentati.

In un mercato non regolamentato gli investitori effettuano la propria scelta di investimento e/o quotazione in di società borsa proprio tenuto conto della presenza di un prospetto informativo, in quanto, essendo intervenuti nella formazione di quest’ultimo soggetti di elevatissima e comprovata professionalità, quali le Autorità di vigilanza, ripongono il massimo affidamento proprio in quest’ultime. In conclusione, in mercati non regolamentati per logica di sistema il prospetto informativo è l’unico strumento che consente agli investitori di esercitare la scelta dell’investimento, affidandosi, in buona fede e secondo il principio solidaristico (artt.1375 c.c. e 2 Cost.), al contenuto del prospetto stesso.

Pertanto, se le informazioni sono non veritiere o frammentate e se gli investitori hanno ricevuto un grave pregiudizio patrimoniale, quest’ultimo è casualmente ricollegabile al falso prospetto informativo. Si ravvisa in questo caso una responsabilità della pubblica Amministrazione per non avere garantito i risparmiatori circa la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto informativo. Viceversa, se gli investitori ricevono un pregiudizio patrimoniale, in presenza di un prospetto informativo che rileva la particolare aleatorietà e rischiosità dell’investimento, nonché fornisce in maniera attendibile tutte le informazioni reperibili sul mercato, non si potrà ritenere sussistente la responsabilità della pubblica Amministrazione. Il soggetto privato, d’altronde, in presenza di un prospetto informativo veritiero che mette in guardia sulla all’aleatorietà e sul rischio dell’investimento e che non inganna la propria capacità di autodeterminazione, non potrà più invocare la responsabilità dello Stato, non essendo presente il nesso di causalità tra le false informazioni da prospetto e le scelte di investimento fatte dagli stessi. Diverso è, invece, l’affare trattato della Suprema Corte in un arresto recente, nel quale, accertata la colpa della Consob per omessa vigilanza da prospetto informativo, è stato ravvisato un concorso del fatto colposo degli investitori, ai sensi dell’articolo 1227, commi 1 e 2, del Codice Civile. Ciò, in quanto, a seguito di diffusione a mezzo stampa di notizie sulla rischiosità e pericolosità degli investimenti, i soggetti investitori hanno omesso, sia pure nella ovvia non ufficialità della fonte – appunto a mezzo stampa e non a mezzo prospetto informativo – di valutare l’attendibilità della stessa.

Gli investitori avrebbero dovuto tenere un comportamento non inerte, bensì atto a verificare la corrispondenza a verità delle informazioni, e, se del caso, non investire, o ritirare i capitali investiti, fermo restando l’obbligo di vigilanza della Consob. In tale caso, si è interrotto, così, il nesso di causalità e, pertanto, il danno patrimoniale subito non è derivato da esclusiva responsabilità della pubblica Amministrazione. In definitiva nei mercati regolamentati, qualora gli investitori patiscano un danno patrimoniale a seguito di scelte di investimento effettuate sulla base di false o inesatte informazioni offerte dal prospetto informativo si configura una responsabilità dello Stato, non rilevando come esimente per quest’ultimo la aleatorietà e, quindi, la rischiosità degli investimenti.

 

  1. La determinazione del danno

L’omissione della Consob nel corso dell’intero procedimento di comunicazione di dati, produzione documentale e pubblicazione del prospetto, costituiva e costituisce un illecito aquiliano e tale assunto si fonda sulla valutazione secondo cui la responsabilità aquiliana dell’Autorità può sussistere nel caso in cui il mancato esercizio di un potere di controllo da parte della stessa abbia causato un danno patrimoniale o non patrimoniale agli investitori e rinvenibile nella lesione del “diritto soggettivo all’integrità patrimoniale”, all’adeguata informazione e all’autodeterminazione.

Sulla base del fatto che la posizione giuridica azionata dai risparmiatori assume la consistenza non d’interesse legittimo, bensì di diritto soggettivo all’integrità del patrimonio, ne consegue che le azioni risarcitorie contro l’Autorità di vigilanza, con particolare riferimento a quelle concernenti l’accertamento della responsabilità per omesso controllo del prospetto informativo, vengono avviate dinanzi ai giudici ordinari, nel rispetto del riparto delle giurisdizioni.

Per la determinazione dei danni, poi, va valutato sia il tipo di responsabilità, sia se gli investitori agiscono o meno nei confronti dell’emittente o chi ha posto in essere il contratto di negoziazione, chiedendo la invalidità del contratto (4).

 Nel caso in cui il contratto posto in essere rimane valido, proprio alla luce delle caratteristiche del mercato non regolamentato caratterizzato dalla totale assenza di certezza del risultato degli investimenti, la liquidazione del danno dovrà essere temperata, non potendo riconoscere agli investitori il c.d interesse positivo, eliminando loro il rischio e l’alea del mercato, e propriamente dei mercati non regolamentati. I soggetti investitori, infatti, quando scelgono di assumersi i rischi del mercato non regolamentare effettuano una valutazione ex ante rispetto alla veridicità o meno delle informazioni contenute in un prospetto informativo. Il risarcimento del danno si dovrà giustificare, così, solo per effetto della eventuale incompletezza e/o non veridicità del prospetto informativo. Qualora vi sia difficoltà di giungere alla determinazione del valore di ristoro dei danni patrimoniali degli investitori si potrà utilizzare il criterio equitativo del danno.

 

  1. Conclusioni

A tal riguardo, la Consob e talune altre Autorità di vigilanza hanno poteri-doveri di azione a tutela del risparmio (art. 47 Cost.) e, dunque, devono assumere a favore degli investitori, dei comportamenti nel rispetto del principio generale del "neminem laedere", da adempiere mediante l'osservanza di regole tecniche, ovvero di comuni canoni di diligenza e prudenza, la cui violazione radica la giurisdizione del giudice ordinario, alla luce della peculiare causa petendi.

Anche se tali comportamenti sono disciplinati dalla legge, ciò non significa che si tratti di atti autoritativi sindacabili in sede di giurisdizione amministrativa, in quanto la nozione di colpa e responsabilità extracontrattuale per i danni cagionati a terzi dalla pubblica amministrazione, va riferita ex art. 43 c.p., non solo alle situazioni in cui quest’ultima abbia agito senza rispettare i criteri generali di diligenza, prudenza e perizia, ma anche quando abbia violato norme di leggi o regolamenti relative all'organizzazione oppure all’esecuzione di un pubblico servizio.

Pertanto, non si tratta di analizzare la legittimità formale degli atti amministrativi adottati o meno dall'amministrazione, ma di verificare se la stessa abbia violato i summenzionati canoni, ovvero abbia violato il "neminem laedere", principio che non indica una norma di azione amministrativa, ma un precetto di carattere generale applicabile a tutti i soggetti, privati e pubblici, per la cui violazione l'amministrazione è tenuta a rispondere dinanzi al giudice ordinario.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Cassazione ha enunciato il seguente principio: “sulle domande proposte dagli investitori ed azionisti nei confronti delle autorità di vigilanza per i danni conseguenti alla mancata, inadeguata o ritardata vigilanza nei confronti delle banche ed intermediari, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, non venendo in rilievo la contestazione di poteri amministrativi, ma di comportamenti "doverosi" a loro favore che non investono scelte ed atti autoritativi, essendo dette autorità tenute a rispondere delle conseguenze della violazione dei canoni comportamentali della diligenza, prudenza e perizia, nonchè delle norme di legge e regolamentari relativi al corretto svolgimento dell'attività di vigilanza, quali espressione del principio generale del "neminem laedere".

In tale prospettiva, occorre sottolineare come - sulla base di una analisi economica del diritto civile - aderire alla tesi per cui la natura della responsabilità della P.A. ha natura contrattuale o extra-contrattuale non è questione meramente classificatoria. Essa ha notevoli risvolti pratici in punto di quantum risarcitorio, onus probandi e termine di prescrizione. Tale notevole discrimen è foriero di una distinta allocazione del “rischio”, talvolta in capo alla P.A., talvolta ed entro certi limiti, in capo al cliente-investitore. 

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Cfr. G. FERRARINI, L’ammissione a quotazione: natura, funzione, responsabilità e “self listing”, in Analisi giuridica dell’economia, 2002, p. 33 s. Non è forse inutile menzionare qui di seguito, anche se solo per rapidi richiami, quali siano i principali gatekeepers, e cioè i soggetti privati che assistono gli emittenti nelle operazioni di sollecitazione all’investimento, di ammissione alla quotazione e di offerta pubblica di acquisto, rinviando alle disposizioni citate per la precisa individuazione dei loro compiti. In ordine alla sollecitazione all’investimento (art. 94, d.lgs. n. 58/1998; art. 2 ss. reg. Consob emittenti n. 11971/1999: a) responsabile del collocamento: «il soggetto che organizza e costituisce il consorzio di collocamento, il coordinatore del collocamento o il collocatore unico» (art. 3, lett. a, reg. n. 11971/1999). Normalmente il responsabile del collocamento coordina e dirige l’offerta in qualità di Global Coordinator, ossia dirige e coordina il consorzio di collocamento e garanzia al quale partecipano Banche e Sim in qualità di collocatori. Quando il collocamento è indirizzato ad investitori istituzionali il responsabile del collocamento prende il nome di Lead Manager e, anche in tal caso, si avvale di un consorzio di collocamento; b) società di revisione (art. 161 del d.lgs. n. 58/1998).  In relazione alla ammissione alla quotazione (art. 113, d.lgs. n. 58/1998; art. 51 ss. reg. n. 11971/1999; reg. Borsa): a) responsabile del collocamento (se, contestualmente alla quotazione, viene effettuata una sollecitazione all’investimento anche nella procedura di ammissione alla quotazione è presente il responsabile del collocamento); b) sponsor o listing partner: «l’intermediario che collabora con l’emittente nella procedura di ammissione a quotazione» (art. 51 reg. n. 11971/1999; art. 2.3.2 reg. Borsa): lo sponsor, figura non disciplinata dal d.lgs. n. 58/1998, può essere una banca, un’impresa d’investimento nazionale, comunitaria o extracomunitaria, nonché un intermediario ex art. 107 testo unico bancario. La società di gestione del mercato basa la propria istruttoria sulle informazioni ed i dati forniti dall’emittente con l’assistenza dello sponsor, il quale è tenuto a collaborare con l’emittente ai fini di un ordinato svolgimento della procedura di ammissione a quotazione (art. 2.3.4, 1°co., reg. Borsa); c) società di revisione (art. 161, d.lgs. n. 58/1998). Con riguardo alle offerte pubbliche di acquisto o di scambio (art. 102 ss. d.lgs. n. 58/1998; art. 35 ss. reg. n. 11971/1999) non sono individuati dalla legge o dai regolamenti Consob soggetti privati che intervengono nella procedura di offerta pubblica con specifici doveri di attestazione da cui discende la loro responsabilità civile. L’art. 37, 5° co., reg. n. 11971/1999, tuttavia, prevede che il mercato, oltre ad essere, senza indugio, informato dell’intervenuta comunicazione alla Consob del documento d’offerta, deve altresì essere informato dei nominativi degli eventuali consulenti dell’offerente. Comunque nei documenti d’offerta sono precisamente indicati i nominativi dei consulenti dell’operazione e degli intermediari responsabili della raccolta delle adesioni.

 

(4) Jaeger, Appunti sulla responsabilità da prospetto, in Quadrimestre, 1986, 283 ss.

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Macchiavello, La responsabilità da prospetto tra creazione, interpretazione e lacune, in www.giuri.unige.it. Macioce, voce Ufficio (dir.priv.), in Enc.dir., Milano, 1992. Cfr. Cass., sez. un., 9 marzo 2005, n. 6078, nel senso della spettanza al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, del potere di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. Da ultimo, anche Cass., sez. un., 23 gennaio 2006, n. 1207, di cui si riferirà più avanti, nella nota 27. Si confronti l’art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205 che ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza (…) sul mercato mobiliare», eccezion fatta per quelle «meramente risarcitorie»; e si noti altresì che l’art. 4, 1° comma, lett. d) della medesima l. n. 205/2000 (trasfuso ora nell’art. 23-bis, 1° comma, lett. d), della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei TAR), stabilisce che le disposizioni in esso contenute si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti. In argomento cfr. Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204, in Foro it., 2004, I, c. 2594 ss., con note di A. TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, e di F. FRACCHIA, La parabola del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione “esclusiva” alla giurisdizione del giudice amministrativa; decisione il cui dato fondamentale, per quanto qui di interesse, sembra essere l’idea secondo cui la cognizione dei diritti (e, segnatamente, del diritto a conseguire il risarcimento del danno ingiusto patito), che appartiene in generale al giudice ordinario, può essere attribuita al giudice amministrativo non quale nuova “materia”, bensì come un prolungamento, o un completamento (rispetto allo strumento classico della tutela demolitoria e/o conformativa) della cognizione di quest’ultimo, per ogni vicenda in cui, comunque, si sia avuto esercizio di poteri autoritativi incidenti nella sfera giuridica del cittadino. Si è affermata invece la giurisdizione del giudice ordinario quando l’azione di risarcimento è promossa nei confronti dell’Autorità di vigilanza non da un soggetto vigilato, bensì da un terzo: cfr. Cass., sez. unite, ord. 2 maggio 2003, n. 6719, in Foro it., 2003, c. 1686 ss. (ne dà notizia anche CONSOB, Relazione per l’anno 2003, cit., p. 153-154) e, da ultimo, Id., ord. 29 luglio 2005, n. 15916 , Pres. Carbone, Rel. Marziale, inedita ma leggibile in www. lexfor.it., dove si afferma che il diritto del risparmiatore nei confronti della Consob, non essendo collegato ad alcuna relazione di potere con la pubblica amministrazione, deve essere tutelato, in caso di violazione, innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. Tuttavia, neppure questa opinione poteva considerarsi pacifica: in senso opposto, e cioè nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo, cfr. ad esempio F. MAIMERI, op. cit., p. 942-943. Nel senso della giurisdizione degli organi della giurisdizione ordinaria dispone oggi l’art. 27, comma 1, lettera c) del d.d.l. n. 3328 sulla tutela del risparmio, riprodotto senza variazioni nella medesima disposizione della legge n. 262/2005, in cui fissa il principio della salvaguardia del diritto di azione dell’investitore, (anche) per il risarcimento del maggior danno rispetto alla somma dal medesimo percepita sulla base della emananda disciplina delegata dei sistemi di indennizzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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