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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Distinzione tra cessazione materia del contendere e improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse. Pronuncia del Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. dell' 11 ottobre 2021, n. 6824.

La cessazione della materia del contendere postula la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere il bene della vita agognato, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo; l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse risulta, invece, riscontrabile qualora sopravvenga un assetto di interesse ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio - anziché per l’ottenimento - per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente.

La previsione di cui al terzo comma dell’art. 34 c.p.a. deve essere interpretata, in coerenza con il senso letterale delle espressioni impiegate, nel senso che l’unico interesse deducibile, per evitare l’adozione di una sentenza che dichiari la sopravvenuta carenza di interesse, è quello di natura risarcitoria; la possibilità che sia sufficiente un mero “interesse morale” è condizionata alla circostanza che tale interesse venga dedotto per dimostrare la sussistenza dei presupposti per la proposizione di una, anche successiva, azione risarcitoria per danno non patrimoniale nella forma del danno morale ovvero di un danno anche di natura diversa correlato alla tipologia di diritto della persona che viene in rilievo; in definitiva, sono individuabili tre evenienze che si possono realizzare nel corso del processo: i) “causa” che rende impossibile la realizzazione del bene della vita originariamente preteso, con improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse; b) “causa” che realizza pienamente l’interesse al bene della vita, con cessazione della materia del contendere; c) “causa” che, pur privando la parte dell’interesse all’adozione di una sentenza costitutiva di annullamento degli atti, impone l’adozione di una sentenza di accertamento della illegittimità degli atti ai soli fini risarcitori