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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Applicabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità alla bancarotta documentale. Pronuncia della Suprema Corte.

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Corte di Cassazione, Sez. V, sent. del 16 maggio 2022, n. 19208.

Ai fini della valutazione della speciale tenuità del danno, integrativa dell'attenuante di cui all'art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267 - applicabile in relazione a tutti i fatti di bancarotta oltre che a quello di cui all'art. 218 I.f. - mentre allorquando si versi nell'ipotesi della bancarotta distrattiva viene in rilievo l'importo stesso della distrazione e la sua incidenza sulla massa attiva da ripartire tra i creditori con la conseguenza che in tale caso è immediata ed agevole la determinazione del danno, quando si versi invece nell'ipotesi della sola bancarotta documentale che comporti - come nel caso di specie - l'impossibilità di ricostruire il patrimonio del fallito l'operazione di individuazione del danno può essere più complessa o risultare addirittura impossibile. In tal caso, mancando i parametri utili per la determinazione diretta del danno, potranno soccorrere, ove presenti, altri elementi di valutazione che sebbene non consentano di addivenire a una determinazione oggettiva del danno potrebbero comunque essere indicativi della modesta entità dello stesso.

In tal senso, si è già espressa questa Sezione con la pronuncia n. 7888 del 03/12/2018 Ud. (dep. 21/02/2019) Rv. 275345, così massimata: "In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. In motivazione, questa Corte ha altresì osservato che l'occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell'impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all'imputato, salvo che le contenute dimensioni dell'impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto.

Sicché la valutazione rimessa al giudice, in tal caso, potrà tener conto delle dimensioni dell'impresa, del movimento degli affari, dell'ammontare dell'attivo e del passivo e di quant'altro utile al fine di comprendere se vi è stato un danno e se esso possa qualificarsi di speciale tenuità (tali elementi, ovviamente, se possono condurre, in relazione al caso concreto, a una valutazione presuntiva in ordine alla speciale tenuità del danno, non possono però allo stesso modo essere utilizzati con riferimento al danno di rilevante gravità la cui sussistenza può essere affermata solo ove lo si accerti mediante parametri certi, quali quelli sopra indicati).

Si è altresì affermato - sempre in assonanza con quanto sopra indicato - che in tema di bancarotta semplice fallimentare, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma terzo, I. fall., configurabile quando il danno arrecato ai creditori è particolarmente tenue o manca del tutto, la valutazione rimessa al giudice non può limitarsi alla considerazione degli importi delle somme non registrate nelle scritture contabili, ma deve estendersi alle dimensioni dell'impresa, al movimento degli affari, all'ammontare dell'attivo e del passivo, nonchè all'incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori (Sez. 5, n. 20695 del 29/01/2016, Rv. 267147). Nel medesimo solco si inserisce Sez. 5, n. 11725 del 10/12/2019 Ud. (dep. 09/04/2020), Rv. 279098, che, partendo sempre dalla condotta illecita integrante il reato di bancarotta, ha, in considerazione della entità della stessa, sviluppato la ricostruzione del danno anche in caso di bancarotta documentale (affermando che in tema di reati fallimentari, il danno di speciale tenuità di cui alla circostanza attenuante prevista dall'art. 219, comma terzo, legge fall., è quello cagionato dal fatto di reato globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare, talché, in ipotesi di bancarotta semplice documentale, detto danno deve valutarsi sia in relazione all'impossibilità di ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell'impresa fallita o di esercitare le azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relazione alla diminuzione che l'omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto tra i creditori (conf., Sez. 5, n. 5707 del 1986, Rv. 173156).

In altri termini si è sempre riconosciuto che anche la condotta di bancarotta documentale possa incidere sull'attivo non consentendo di ricostruire il patrimonio o di ricomporlo mediante l'esercizio delle azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Rv. 255439; Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018 Ud. (dep. 21/02/2019) Rv. 275345), sicché anche in relazione ad essa può ravvisarsi il danno di speciale tenuità - o di rilevante gravità - a secondo dell'entità della sua incidenza sull'attivo.