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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

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L’Adunanza plenaria afferma che il progettista ex art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 non può ricorrere all’istituto dell’avvalimento.

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Consiglio di Stato, Ad.Plen., sent. del 9 luglio 2020, n. 13.

Il progettista indicato, nell’accezione e nella terminologia dell’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo; pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico, nel significato attribuito dalla normativa interna e da quella dell’Unione europea, con la conseguenza che non può utilizzare l’istituto dell’avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all’operatore economico in senso tecnico e che l’avvalimento cosiddetto “a cascata” era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal d.lgs. n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta (1).

(1) Ha ricordato l’Alto Consesso che la legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, ha dettato uno specifico criterio di delega per l’avvalimento (criterio di cui all’art. 1, comma 1, lett. zz), in attuazione dell’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE), stabilendo sia l’esclusione della possibilità di fare ricorso al cosiddetto “avvalimento a cascata”, sia il divieto che oggetto dell’avvalimento possa essere “il possesso della qualificazione dell’esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare”. Le disposizioni sono poi penetrate nell’art. 89 del nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, al comma 6, vieta espressamente il cosiddetto avvalimento “a cascata”, consentendo invece quello plurimo e frazionato; con possibilità, in via eccezionale, di non consentire l’avvalimento, purché venga indicato nel bando con il rispetto del principio di proporzionalità.

Questo rende nuovamente di attualità la giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente codice, secondo cui nelle gare pubbliche non è consentito avvalersi di un soggetto che, a sua volta, utilizza i requisiti di un altro soggetto, sia pure ad esso collegato. Ciò, in quanto una deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione è collegata alla possibilità per la stazione appaltante di avere un rapporto diretto e immediato con l’ausiliaria, che non viene assicurato dalla semplice dichiarazione dell’ausiliaria in esecuzione del contratto di avvalimento con l’impresa ausiliata, anche se dal meccanismo ne consegue la responsabilità solidale delle due imprese in relazione all’intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare.

In proposito il collegio osserva come il divieto contenuto nel Codice dei contratti pubblici attualmente in vigore, pur non essendo direttamente applicabile alla fattispecie in esame, ha comunque un ruolo di orientamento per l’interprete, che è tenuto a tenere nel debito conto le tendenze evolutive dell’ordinamento.

In sintesi, quanto all’art. 53, comma 3, d.lgs. n 163 del 2006, nonostante non esistesse nel vecchio codice dei contratti pubblici un divieto espresso del cosiddetto “avvalimento a cascata”, la giurisprudenza maggioritaria già propendeva per la non ammissibilità. Era ritenuta decisiva la considerazione che, pur essendo pacifico il carattere generalizzato dell’avvalimento strumentale ai principi comunitari della massima partecipazione nelle gare di appalto e dell’effettività della concorrenza, l’applicazione dell’istituto deve essere comunque contemperato con l’esigenza di assicurare garanzie idonee alla stazione appaltante al fine della corretta esecuzione del contratto.