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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Il subappalto negli appalti pubblici. In particolare il soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione della terna dei subappaltatori alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici e del relativo decreto correttivo

A cura di Raffaele Esposito
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  1. Il subappalto

Con la stipula di un contratto di appalto, l’appaltatore si obbliga nei confronti del committente a eseguire opere o servizi, (in linea di principio) con la propria organizzazione e i propri mezzi. L’appaltatore tuttavia può affidare a un terzo  l’esecuzione di una parte della prestazione oggetto dell’appalto, dietro pagamento di un corrispettivo a proprio carico, stipulando con questi un contratto di subappalto.

Il subappalto è perciò un subcontratto, cioè un contratto in cui, a seguito della stipula di un contratto-base (in questo caso un contratto di appalto), una delle parti dispone della propria posizione contrattuale e la reimpiega nei confronti di un terzo, stipulando con questi, in nome e per conto proprio, un contratto dipendente dal contratto base e riproducente la medesima operazione economica. Infatti, nel subappalto, l’appaltatore del contratto di appalto previamente concluso, assunte le vesti di committente (rectius, di subcommittente), ottiene che un soggetto terzo si obblighi a eseguire parte delle prestazioni relative al primo contratto.

Si può pertanto riscontrare una parziale coincidenza tra le parti e tra le prestazioni oggetto del contratto base e del subcontratto. L’appaltatore del contratto di appalto diviene infatti committente nell’ambito del contratto di subappalto; il committente del contratto di appalto è invece terzo rispetto al contratto di subappalto al pari del subappaltatore, terzo rispetto al contratto di appalto.

Con particolare riferimento all’oggetto del contratto e del subcontratto, occorre precisare poi che la parziale coincidenza riguarda le prestazioni a cui le parti sono tenute, in quanto le prestazioni del contratto di subappalto sono ricomprese nell’ambito delle prestazioni del contratto di appalto, sebbene le relative obbligazioni intercorrano tra parti diverse. Infatti, fatte salve le specificità della configurazione della singola operazione giuridico-economica, il subappaltatore realizza parte dell’opera o del servizio a cui è tenuto l’appaltatore e riceve dall’appaltatore, come committente del subappalto, parte del prezzo che a questi è pagato dal committente dell’appalto, con la conseguenza che l’oggetto del subappalto è quantitativamente un minus rispetto a quello dell’appalto.

Il contratto e il subcontratto, separati ma evidentemente dipendenti, conservano tuttavia una loro autonomia: al contratto di subappalto, in quanto contratto derivato, si applica la stessa disciplina del contratto di appalto, quale contratto base, al pari di quanto accade in generale per i subcontratti; le  parti del contratto e del subcontratto possono prevedere poi condizioni contrattuali asimmetriche in ragione dei loro specifici interessi, con il solo limite della compatibilità, al fine di evitare che l’appaltatore possa incorrere in responsabilità verso il committente per fatti del subappaltatore che, pur costituendo corretta esecuzione del contratto di subappalto, si traducano in inadempimento del contratto di appalto.

 

  1. Il collegamento negoziale tra appalto e subappalto

La gemmazione del subappalto dall’appalto realizza un fenomeno di derivazione  di un contratto da un altro; tale filiazione si realizza nell’ambito di una operazione giuridico-economica sostanzialmente unitaria e il cui scopo ultimo e complessivo è la soddisfazione dell’interesse del committente alla realizzazione dell’opera o del servizio.

Il contratto di subappalto, quale contratto derivato, è pertanto collegato a un contratto-base di appalto a cui è avvinto da un collegamento negoziale necessario e unilaterale.

Infatti è lo stesso legislatore a prendere in considerazione e, per alcuni profili, a disciplinare il vincolo del contratto di subappalto al contratto di appalto da cui il primo origina, conferendo a tale collegamento una tipicità che trova riscontro negli artt. 1656 e 1670 c.c.

La prima disposizione impone all’appaltatore di ottenere l’autorizzazione del committente prima di affidare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto dell’appalto; la seconda dispone che l’appaltatore debba denunciare tempestivamente al subappaltatore vizi e difformità dell’opera per poter agire in regresso nei suoi confronti.

In sostanza è lo stesso legislatore a prevedere espressamente, nell’ambito della disposizioni in materia di appalto, la possibilità che a tale contratto si leghi un contratto di subappalto, disciplinando altresì alcuni dei profili in grado di evidenziare il già citato collegamento (in particolare profili di tutela del committente e dell’appaltatore/subcommittente) e il riverberarsi delle vicende dell’appalto sul subappalto ma non viceversa.

Infatti l’appaltatore non può liberamente affidare parte delle prestazioni in subappalto ma necessita dell’autorizzazione del committente, autorizzazione resa nell’ambito del contratto di appalto.

Tale autorizzazione non determina il sorgere di alcun rapporto tra committente e subappaltatore[1]: il committente resta estraneo al rapporto tra appaltatore e subappaltatore e non acquista diritti né  assume obblighi nei confronti di quest’ultimo. L’autorizzazione tutela essenzialmente il committente e l’interesse di questi alla corretta esecuzione dell’opera o del servizio; il contratto di appalto è infatti caratterizzato dall’intuitus personae e l’autorizzazione al subappalto, che può essere anche “preventiva e generica”, conferma che “la fiducia riposta nell’appaltatore è tale da far confidare anche nella bontà ed oculatezza della sua scelta del subappaltatore”[2].

La mancata autorizzazione si riflette sul subappalto, in termini secondo alcuni di nullità, secondo altri di annullabilità del contratto, fermo restando la responsabilità dell’appaltatore.

Allo stesso modo la denuncia di vizi e difformità dell’opera o del servizio da parte del committente consente all’appaltatore, che comunichi al subappaltatore la denuncia entro sessanta giorni dal ricevimento, di agire in regresso nei suoi confronti. Il committente quindi non ha azione diretta verso il subappaltatore e, ai fini della garanzia per vizi e difformità, dovrà rivolgersi all’appaltatore che poi potrà agire in via di regresso nei confronti del subappaltatore.

Quindi l’emergere di vizi e difformità nell’ambito del contratto di appalto ricade sul contratto di subappalto e consente all’appaltatore/subcommittente di far valere i medesimi vizi e difformità nei confronti del subappaltatore, agendo non in via diretta ma in regresso.

La stessa giurisprudenza ha affermato al riguardo che “l’appaltatore non può agire in responsabilità contro il subappaltatore prima ancora che il committente gli abbia denunciato l’esistenza di vizi o difformità; ciò perché prima di tale momento l’appaltatore è privo dell’interesse ad agire; il committente, infatti, potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, oppure non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente, per cui di nulla potrebbe dolersi l’appaltatore, perché nessun danno (non essendo il destinatario dell’opera) sarebbe a lui derivato dall’esistenza di difformità o vizi dell’opera realizzata dal subappaltatore”[3]. Allo stesso modo “con riguardo all’opera eseguita dal subappaltatore l’accettazione senza riserve dell’appaltatore resta condizionata dal fatto che il committente accetti a sua volta l’opera senza riserve”[4].

È evidente che il contratto di subappalto è condizionato nelle sue vicende dal contratto di appalto ma non viceversa, rimanendo il committente estraneo al rapporto tra appaltatore e subappaltatore che non ha effetti nei suoi confronti, come è evidenziato anche dall’assenza di previsioni che disciplinino le ricadute delle vicende del contratto di subappalto sul contratto di appalto nonché dalla ricostruzione in termini di causa concreta dei contratti che compongono il complesso dell’operazione.

Infatti, la teoria della causa astratta fa coincidere la causa “tipica” del contratto di appalto con quella del contratto di subappalto, proprio in ragione del nesso di derivazione: entrambi i contratti trovano la propria ragione giustificativa nello scambio tra la realizzazione di un’opera o di un servizio e un prezzo; l’identità della funzione economico-sociale non consente di cogliere le specificità dei due rapporti e di definirne il trattamento normativo più adeguato in ragione delle relative peculiarità.

La teoria della causa concreta, concependo la causa come funzione economico-individuale del contratto, cioè come ragione giustificativa del singolo e specifico contratto, consente innanzitutto  di evidenziare il particolare nesso tra contratto di appalto e di subappalto.

Tale vincolo di derivazione incide sul profilo causale del contratto di subappalto, integrandone la causa. In tale prospettiva è possibile evidenziare che il contratto di subappalto realizza, mediante l’organizzazione e i mezzi del subappaltatore, parte di un’opera o di un servizio già oggetto di un contratto di appalto, a favore dell’appaltatore/subcommittente e nell’interesse ultimo del committente, mettendo in luce così il nesso che avvince i due contratti in relazione alla soddisfazione di una esigenza che può ritenersi esterna ma non estranea al subcontratto e che contribuisce a definirne il trattamento giuridico.

 

  1. Il collegamento “procedimentale”

La legislazione speciale reca una specifica disciplina del contratto di appalto relativo a forniture, servizi o lavori destinati al soddisfacimento di interessi pubblici.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016, come ridenominato a seguito dell’approvazione del decreto correttivo, nel seguito “Codice”), al pari del precedente d.lgs. n. 163 del 2006, regola non solo il contratto di appalto ma anche la procedura di evidenza pubblica finalizzata all’individuazione della controparte privata con cui stipulare tale contratto.

Questa procedura ha carattere competitivo ed è infatti destinata a selezionare, nell’ambito del mercato di riferimento e tra i soggetti interessati, l’operatore economico soggettivamente e oggettivamente idoneo alla stipula del contratto messo in gara.

Una prima scrematura dei concorrenti avviene sulla base dei requisiti di partecipazione, individuando gli operatori in possesso delle caratteristiche soggettive di integrità e capacità necessarie per essere controparte di un contratto pubblico e, in particolare, di un contratto avente le caratteristiche di quello oggetto della procedura.

I concorrenti sono poi ulteriormente selezionati sulla base delle offerte prodotte e, in particolare, delle condizioni tecnico-qualitative ed economiche proposte alla stazione appaltante.

Individuato l’aggiudicatario della procedura nell’operatore che ha proposto la migliore offerta, è possibile poi procedere alla stipula del contratto, contratto che recepisce le condizioni tecniche ed economiche proposte in gara.

Su alcune condizioni contrattuali è esclusa la competizione dei concorrenti e pertanto quelle stabilite all’avvio della procedura restano immodificabili in sede di stipula; su altre la stazione appaltante induce la competizione, consentendo ai concorrenti di proporre condizioni migliorative rispetto a quelle minime richieste. Le condizioni così offerte vincolano sia il concorrente che le ha proposte (cfr. art. 32, comma 4, del Codice) sia la stazione appaltante (a cui tuttavia residua il potere di non aggiudicare la procedura e di non stipulare il contratto se nessuna offerta risulta conveniente o idonea in relazione all’oggetto), informando di sé il successivo rapporto.

È evidente pertanto il collegamento “procedimentale” che si crea tra la procedura di gara e il successivo contratto che assorbe gli elementi negoziali emersi nel corso della stessa e la cui causa risulta pertanto incisa dalla procedura di evidenza pubblica svolta.

È nel corso di tale procedura che esigenze, interessi, bisogni e obiettivi della stazione appaltante vengono in evidenza, in maniera espressa nella determina a contrarre e in maniera invece implicita nelle scelte di gara relative al tipo di procedura da avviare, ai requisiti di partecipazione richiesti, ai punteggi massimi attribuibili all’offerta tecnica ed economica, ai criteri di valutazione delle offerte tecniche, alle formule di valutazione delle offerte economiche e, infine, al metodo di individuazione della migliore offerta (aggregativo compensatore, topsis, electre, ecc.).

Allo stesso modo, nel corso della procedura, si evidenziano gli interessi e le convenienze dei concorrenti fino alla emersione, in maniera addirittura analitica, della struttura dei costi legati alla commessa nel corso della verifica di congruità.

Ciò trova conferma nel modo di concepire il rapporto tra procedura e contratto. Anche aderendo  alla tesi pubblicistica, che considera la procedura di gara quale semplice iter per l’individuazione della controparte con cui stipulare il contratto, non si può tuttavia tacere che le condizioni contrattuali non sono definitivamente stabilite dalla stazione appaltante all’avvio della procedura ma sono destinate a essere “completate” da quelle offerte dai concorrenti, e in particolare, dall’aggiudicatario. Pertanto, sebbene la teoria pubblicistica, nel definire il rapporto tra procedura di gara e contratto, ponga l’accento sull’individuazione del concorrente, funzionalizzando ad essa l’intera gara, è pur vero che la medesima procedura è altresì destinata a completare le condizioni contrattuali (e, a volte, a definire nello specifico le stesse prestazioni).

Se invece si aderisce alla tesi privatistica, l’assimilazione della procedura di gara alla fase delle trattative che precedono la conclusione del contratto rende ancor più evidente che in fase di gara si verifica quella progressiva definizione delle condizioni contrattuali che, rispetto a un trattativa di matrice puramente civilistica, risulta scandita se non irrigidita dai meccanismi dell’evidenza pubblica e dalla  iniziale e unilaterale definizione della maggior parte delle clausole.

La configurazione assunta da tale “negoziazione” è solo parzialmente assimilabile a quella che si realizza in presenza di condizioni contrattuali unilateralmente predisposte da uno dei contraenti e a cui l’altro ha solo la facoltà di scegliere se aderire (contratti per adesione), senza alcuna possibilità di negoziare e quindi di modificare le condizioni già definite.

A ben vedere però, le trattative contrattuali che si realizzano mediante una procedura di gara, pur risentendo di un irrigidimento al pari di quelle che precedono la stipula di un contratto per adesione, se ne discostano ed evidenziano profili di flessibilità: la definizione di parte di tali condizioni è affidata ai concorrenti con la formulazione delle offerte tecniche ed economiche; la stazione appaltante si vincola nella scelta della controparte contrattuale sulla base dei criteri di valutazione indicati nella documentazione di gara.

Quindi, sia che si aderisca alla tesi pubblicistica, sia che si aderisca alla tesi privatistica, la procedura di gara ha dei riflessi forti sul contratto che viene stipulato all’esito della stessa e manifesta pertanto con tale contratto un legame forse più forte di quello che sussiste tra trattative precontrattuali e contratto; le norme che disciplinano la procedura, infatti, impongono che già in gara vengano precisati specifici profili del futuro rapporto, vincolandone così lo sviluppo[5].

Ciò è ancor più evidente per il contratto di subappalto connesso a un appalto pubblico.

Il subappalto è subordinato infatti ad alcune condizioni[6], legate alla procedura di gara (in quanto destinate a verificarsi nell’ambito della stessa) o comunque tipiche dei contratti pubblici (in quanto relative alle caratteristiche soggettive del subappaltatore). Tali condizioni evidenziano pertanto che il collegamento “procedimentale” sussiste non solo tra procedura e contratto di appalto ma anche tra procedura e contratto di subappalto, condizionando in maniera determinante la subappaltabilità delle prestazioni.

A ciò si aggiunga che la specifica disciplina dettata per il subappalto “pubblico” evidenzia profili che sembrano attenuare l’estraneità del committente dell’appalto rispetto al rapporto di subappalto; è il caso delle disposizioni di cui agli all’art. 105, commi 9 – 14: il Codice prevede in particolare che la stazione appaltante, in determinati casi, paghi direttamente al subappaltatore l’importo delle prestazioni da questi eseguite, versi direttamente agli enti previdenziali e assicurativi i contributi dovuti dal subappaltatore e paghi direttamente ai lavoratori le relative retribuzioni dovute dal subappaltatore.

È pur vero che tali norme hanno finalità specifiche; ma è innegabile che le stesse rendano la stazione appaltante, committente nell’ambito del contratto di appalto, non estranea al subappalto e alle relative vicende. Ancor più se si considera che l’art. 105, comma 7, del Codice dispone che l’affidatario (tuttavia, non il subappaltatore) depositi presso la stazione appaltante il contratto di subappalto, “corredato della documentazione tecnica, amministrativa e grafica direttamente derivata dagli atti del contratto affidato”, prima dell’esecuzione delle relative prestazioni e in vista dell’autorizzazione (quest’ultima prevista anche dall’art. 1656 c.c.).

Ciò tuttavia non consente di ritenere, sotto il profilo negoziale, che le vicende del contratto di subappalto influenzino il contratto di appalto e che, pertanto, il collegamento tra appalto e subappalto “pubblici” possa essere ritenuto bilaterale: l’art. 105, comma 8, prevede infatti che “il contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante” e il medesimo articolo, al comma 12, prevede che, qualora sussistano nei confronti del subappaltatore i motivi di esclusione di cui all’art. 80, questi possa essere sostituito senza che ciò abbia conseguenze sul contratto di appalto.

 

  1. Il subappalto nei contratti pubblici

L’art. 105 del nuovo Codice reca una specifica disciplina del subappalto, che attiene a profili sia della procedura di gara sia del contratto, specificando, con riferimento a quest’ultimo, le disposizioni civilistiche.

Come già precisato, l’art. 1655 c.c. evidenzia l’autonomia di cui gode l’appaltatore nella esecuzione dell’appalto e nella realizzazione dell’opera o del servizio; tale autonomia, che si manifesta nell’apprestare i materiali e i lavoratori e nell’organizzare i mezzi e le attività al fine di concretizzare il risultato previsto dal contratto, incontra un limite nell’art. 1656 c.c.: qualora l’appaltatore intenda subappaltare l’esecuzione dell’opera o del servizio dovrà essere autorizzato dal committente. L’autonomia di cui gode l’appaltatore non si spinge pertanto fino al riconoscimento in capo allo stesso della facoltà di disporre che un altro soggetto esegua parte della prestazione, con altrettanta autonomia.

La libertà riconosciuta all’appaltatore, che pure caratterizza il contratto sotto il profilo della tipicità, dà rilevanza alla persona dell’appaltatore stesso e fa sì che non sia indifferente per il committente l’esecuzione dell’appalto da parte di un soggetto diverso, evidenziando l’intuitus personae che caratterizza il contratto di appalto.

Pertanto in coerenza con l’art. 1180 c.c., che non consente l’adempimento del terzo contro la volontà del creditore se il creditore ha interesse all’esecuzione personale della prestazione da parte del debitore, l’autorizzazione del committente costituisce presupposto necessario affinché l’appaltatore possa affidare in subappalto la prestazione oggetto del contratto.

Allo stesso modo l’art. 105 del Codice prevede che gli affidatari dei contratti relativi a pubblici appalti eseguano (prima del correttivo, “di norma) “in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto”.

Nell’ambito di un appalto pubblico, l’intuitus personae non è dato dalla semplice fiducia nelle capacità, nell’affidabilità nonché nelle specifiche caratteristiche della persona dell’altro contraente, come in un appalto privato, ma è rafforzato dall’individuazione del contraente all’esito di una procedura di evidenza pubblica, nell’ambito della quale il contraente stesso è stato selezionato sulla base di specifici requisiti posseduti e delle specifiche caratteristiche evidenziate dall’offerta formulata (come messo in luce dal collegamento procedimentale di cui sopra).

L’art. 105 ammette tuttavia il subappalto e ne precisa le condizioni.

La norma definisce il contratto di subappalto come “il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, perimetrando poi la definizione di subappalto sulla base dell’elemento relativo all’impiego o al non impiego di manodopera. La norma infatti al comma 2, secondo periodo, prevede che “costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera[7].

L’impiego di manodopera diventa così un elemento essenziale ai fini non della tipicità del contratto ma del discrimine tra subappalto soggetto ad autorizzazione e subcontratto soggetto a semplice comunicazione. Infatti il medesimo comma pone a carico dell’appaltatore l’obbligo di ottenere l’autorizzazione della stazione appaltante prima di affidare parte delle prestazioni in subappalto e di comunicare comunque alla stessa, prima dell’avvio delle prestazioni, tutti i subcontratti e i relativi estremi[8].

Pertanto i subcontratti eventualmente stipulati dall’affidatario sono soggetti:

  • ad autorizzazione se costituiscono subappalto, secondo la definizione e le precisazioni di cui all’art. 105 del Codice;
  • alla semplice comunicazione, se non costituiscono subappalto ma sono comunque dei subcontratti.

È la stessa direttiva 2014/24/UE a prevedere che sia assicurata, in generale, la trasparenza della catena dei subappalti (cfr. il considerando 105 della direttiva citata), specificando altresì che l’obbligo di fornire le necessarie informazioni debba gravare sul contraente principale.

Tuttavia, mentre l’obbligo di comunicare i subcontratti resta privo di sanzione, non è così per l’obbligo di ottenere l’autorizzazione al subappalto. Infatti ai sensi dell’art. 21 della legge n. 646 del 1982, l’affidamento in subappalto di “opere riguardanti la pubblica amministrazione”, in mancanza di autorizzazione e quindi “di fatto”, oltre a essere penalmente sanzionato in capo sia all’appaltatore sia al subappaltatore, attribuisce alla stazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto.

Qualora l’affidatario intenda subappaltare parte della prestazione, risulta quindi essenziale che la stazione appaltante rilasci la prescritta autorizzazione, in presenza dei presupposti previsti dalla legge. Al riguardo, come affermato dalla giurisprudenza nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, la stazione appaltante non gode di margini di apprezzamento discrezionale nel rilascio della citata autorizzazione, essendo vincolata al rilascio qualora riscontri i presupposti previsti dalla legge e dalla stessa rigorosamente individuati.

Prima della modifica operata dal decreto correttivo, l’art. 105, comma 4, del Codice subordinava l’autorizzazione al subappalto alla espressa previsione, nella documentazione di gara, della facoltà dell’affidatario di procedere al subappalto “anche limitatamente a singole prestazioni”, alla espressa indicazione da parte del concorrente, nell’ambito dell’offerta, delle prestazioni da subappaltare e al possesso del parte del subappaltatore dei requisiti generali.

Si rileva, in particolare, che la disposizione sembrava consentire alla stazione appaltante l’esclusione totale o parziale della subappaltabilità delle prestazioni, semplicemente omettendo di prevedere, nella documentazione di gara, la facoltà di subappalto. L’art. 105, comma 4, lett. a) precisava tuttavia che tutte le prestazioni e, nel caso di lavori, tutte le lavorazioni, a qualsiasi categoria appartenessero, erano subappaltabili; ciò appariva in contraddizione con la precedente disposizione: da un lato si prevedeva la subappaltabilità di qualunque prestazione o lavorazione, dall’altro la facoltà di subappaltare parte delle prestazioni doveva essere espressamente concessa dalla stazione appaltante, aprendo quindi alla possibilità che tale facoltà fosse esclusa o limitata.  Già nel vigore del previgente Codice tuttavia, stante la generale subappaltabilità delle prestazioni, si era ritenuto che l’omissione della espressa previsione della facoltà di subappaltare non potesse essere intesa come divieto, consentendo comunque il ricorso al subappalto secondo quanto previsto dall’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006.

L’art. 105, comma 4, del Codice è stato abrogato dal decreto correttivo e sostituito con una disposizione che ha parzialmente modificato i presupposti per l’autorizzazione al subappalto. Affinché il subappalto possa essere autorizzato dalla stazione appaltante è ora necessario che:

1) il subappaltatore non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto.

La disposizione risolve radicalmente la controversa questione relativa alla possibilità che il medesimo operatore economico, nell’ambito della medesima procedura di gara, assuma la veste di concorrente e, in caso di mancata aggiudicazione, di subappaltatore del concorrente aggiudicatario. La disposizione nega questa possibilità e chiede, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, che il subappaltatore proposto non abbia partecipato alla procedura.

L’A.V.C.P. (ora Autorità Nazionale Anticorruzione, A.N.AC.) aveva preso posizione sul punto[9], consentendo alle stazioni appaltanti di inserire nella documentazione di gara una clausola di gradimento che permettesse alle stesse di negare l’autorizzazione al subappalto qualora il subappaltatore designato avesse presentato una autonoma offerta nell’ambito della medesima procedura.

Un tale limite è giustificabile in ragione dell’esigenza di tutela della segretezza delle offerte nonché della concorrenza e della par condicio tra i concorrenti: l’intervento della medesima impresa nell’ambito della procedura nella duplice veste di concorrente e di subappaltatore potrebbe consentire alla stessa di acquisire, nell’ambito dei necessari contatti che precedono la partecipazione e finalizzati all’individuazione dei possibili subappaltatori, informazioni relative alla strategia di gara e all’offerta di altro concorrente, utilizzabili ai fini della presentazione della propria[10].

A ciò si aggiunga che la designazione dell’operatore non aggiudicatario quale subappaltatore dell’aggiudicatario della medesima procedura potrebbe favorire accordi distorsivi della concorrenza, consentendo al concorrente di barattare la presentazione di un’offerta non competitiva e in grado di agevolare l’aggiudicatario, con la partecipazione all’appalto in qualità di subappaltatore; la possibilità che la medesima impresa assuma tale duplice veste potrebbe in ogni caso consentire accordi fraudolenti volti ad assicurare a determinate imprese un lucro certo dalla partecipazione alla procedura, potendone risultare aggiudicatarie ovvero subappaltatrici.

Come evidenziato dalla determinazione dell’A.V.C.P. e dal parere reso dal Consiglio di Stato sulla bozza del decreto correttivo, la valutazione circa l’affidabilità del subappalto a uno dei concorrenti andrebbe condotta in concreto, caso per caso, tenendo conto delle relative specificità.

Il legislatore ha invece vietato, a prescindere da qualsiasi valutazione, la possibilità che uno dei concorrenti assuma la veste di subappaltatore, ritenendo rilevante il rischio di effetti negativi sullo svolgimento della procedura. Come evidenziato altresì dal parere reso dal Consiglio di Stato in merito alla bozza del decreto correttivo, tale disposizione introdurrebbe tuttavia un limite non previsto né dalla normativa europea né dalla legge delega e in grado di incidere pesantemente sulla concorrenza tra le imprese in sede di partecipazione.

Da ultimo, il TAR Piemonte, Sez. II, 8/3/2017, n. 328, ha affermato che “resta, a parere del collegio, non conforme al principio di proporzionalità desumerne l’automatica esclusione di un concorrente che risulti anche indicato da altri quale subappaltatore, tanto più che l’indicazione del subappaltatore (a differenza di quanto avviene per l’ausiliario e per il raggruppamento temporaneo di imprese) non implica necessariamente una previa formalizzazione dei rapporti tra subappaltatore stesso e concorrente che lo indica. Nel caso di specie la ricorrente sostiene infatti di essere stata indicata quale subappaltatore a propria insaputa; quale che sia la verosimiglianza di tale assunto resta vero che l’indicazione di un soggetto come subappaltatore non implica necessariamente il suo formale coinvolgimento. In siffatto contesto l’esclusione automatica esorbita dal principio di proporzionalità”.

Viene pertanto confermato il previgente orientamento, sulla base di considerazioni di ragionevolezza,  mettendo in evidenza il punto fondamentale, per quanto si dirà dopo, dei rapporti tra concorrente e subappaltatore e dell’incidenza di essi sulle valutazioni da condurre nel corso della procedura di gara;

2) il subappaltatore sia in possesso della qualificazione nella relativa categoria.

La disposizione sembra far riferimento ai soli appalti di lavori, prevedendo che il subappaltatore debba essere in possesso della qualificazione prevista per la categoria di appartenenza dei lavori oggetto di subappalto. Tuttavia non c’è ragione per escluderne l’applicazione negli appalti relativi a forniture e servizi, qualora per l’esecuzione della specifica prestazione siano richiesti particolari requisiti;

3) in sede di offerta siano indicate le parti dei lavori, dei servizi e delle forniture che si intendono subappaltare.

Quindi, ai fini dell’autorizzazione, già in fase di gara il concorrente deve manifestare l’intenzione di subappaltare, specificando le parti del lavoro, del servizio o della fornitura che potranno costituire l’oggetto del contratto derivato, tenendo conto della generale subappaltabilità delle prestazioni;

4) per il subappaltatore non ricorrano i motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice.

Nel nuovo Codice si parla di “motivi di esclusione” ma, considerato che ne è disposto il possesso anche da parte dei subapppaltatori che in sé non sono concorrenti e non sono suscettibili di esclusione diretta, è possibile in questo caso riferirsi ad essi come “requisiti generali” al pari del vecchio d.lgs. n. 163 del 2006.

La finalità del legislatore è evidentemente quella di assicurare che il meccanismo del subappalto non diventi un mezzo per aggirare il sistema dei motivi di esclusione legati a caratteristiche di integrità. L’operatore, non in possesso dei requisiti di cui all’art. 80 del Codice e destinato ad essere escluso qualora partecipasse alla procedura, potrebbe invece far concorrere un altro operatore e, qualora questi risultasse aggiudicatario, eseguire l’opera o il servizio non come appaltatore ma come subappaltatore, facendosi schermo dell’affidatario in possesso dei prescritti requisiti. Ciò giustifica la disposizione che prevede anche per il subappaltatore il possesso dei requisiti di cui all’art. 80.

A bene vedere anche il limite generale alla quota subppaltabile, posto nella misura del trenta per cento dell’importo complessivo, risponde alla stessa logica. È l’aggiudicatario, selezionato dalla stazione appaltante sulla base dei suoi requisiti e dell’offerta formulata, a dover eseguire l’appalto e non un soggetto diverso che, facendosi schermo del primo, provveda all’esecuzione pur non offrendo le medesime garanzie soggettive ed oggettive di integrità e corretta esecuzione.

La generale subappaltabilità delle prestazioni, accompagnata da un limite oggettivo (commisurato al valore dell’appalto) e da un limite soggettivo (legato al possesso dei requisiti generali e dei requisiti necessari all’esecuzione), bilancia l’interesse pubblico alla corretta esecuzione dell’appalto con l’esigenza di non limitare eccessivamente la libertà di organizzazione e gestione dell’appalto da parte dell’affidatario. Ciò risponde alla realistica constatazione della impossibilità degli appaltatori di eseguire in proprio tutte le singole prestazioni oggetto dell’appalto per ragioni tecniche e/o organizzative e consente a imprese non avvezze alla partecipazione ad appalti pubblici di concorrere all’esecuzione maturando professionalità ed esperienza.

Tale limite non è previsto dalle direttive europee ma lo stesso parere del Consiglio di Stato sulla bozza di decreto correttivo, pur manifestando consapevolezza di quella giurisprudenza della Corte di Giustizia “secondo cui il diritto europeo non consente agli Stati membri di porre limiti quantitativi al subappalto”, ha sottolineato che “il legislatore nazionale potrebbe porre, in tema di subappalto, limiti di maggior rigore rispetto alle direttive europee ... giustificati da pregnanti ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato del lavoro” e che “la nuova direttiva 2014/24 consente agli Stati membri di dettare una più restrittiva disciplina del subappalto[11]. Da ultimo, il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 3553 del 2018 ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione della compatibilità del previsto limite quantitativo al subappalto (nonché del limite al ribasso praticabile dall’affidatario nei confronti del subappaltatore con riferimento ai prezzi unitari di aggiudicazione) con i principi e le norme europee, anche in materia di appalti. Tale limite può ostacolare infatti l’accesso delle imprese, specialmente di medie e piccole dimensioni, al mercato degli appalti pubblici e ridurne la competitività.

Qualora ricorrano le sopra elencate condizioni, l’appaltatore che intenda dare seguito alla dichiarazione resa in gara riguardo al subappalto, dovrà depositare presso la stazione appaltante, almeno venti giorni prima dell’avvio delle prestazioni, il contratto di subappalto (in copia autentica, cfr. art. 105, comma 18, del Codice), la dichiarazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti generali nonché la certificazione degli specifici requisiti di qualificazione previsti per l’esecuzione della prestazione. È previsto altresì il deposito della dichiarazione sulla sussistenza di eventuali forme di controllo o collegamento di cui all’art. 2359 c.c. con il subappaltatore.

A seguito della richiesta e del deposito della documentazione, la stazione appaltante rilascia l’autorizzazione nel termine di trenta giorni; al riguardo è previsto un meccanismo di silenzio assenso: qualora la stazione appaltante non provveda nel citato termine, l’autorizzazione si intende concessa.

Il Codice precisa che il contratto di subappalto dovrà definire specificamente l’oggetto del subappalto, precisando le prestazioni e le relative condizioni economiche. Ciò al fine di consentire la verifica del rispetto del limite del 30 per cento dell’importo complessivo dell’appalto di cui al comma 2 e dell’obbligo dell’appaltatore di “praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso superiore al venti per cento, nel rispetto degli standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto”.

 

  1. La terna dei subappaltatori

Il nuovo Codice rivoluziona l’impianto previgente imponendo l’indicazione di una terna di possibili subappaltatori. Tale previsione è specificamente ed esplicitamente imposta dal comma 1, lett. rrr) della legge delega, che riprende la non altrettanto esplicita previsione dell’art. 71, comma 2, della direttiva 2014/24/UE. Il citato art. 71 prevede infatti che “nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”.

La disposizione consente alla stazione appaltante di chiedere ai concorrenti la contemporanea indicazione delle parti dell’appalto potenzialmente oggetto di subappalto e dei relativi subappaltatori. Ma nell’art. 71 le “parti” dell’appalto si correlano ai “subappaltatori” proposti[12]. Ciò può avvenire mediante l’indicazione delle prestazioni subappaltabili e la designazione di subappaltatori diversi in relazione alle diverse prestazioni, correlando ciascun subappaltatore a una specifica prestazione ovvero sganciando la designazione dei subappaltatori dall’individuazione delle prestazioni e segnalando da un lato le prestazioni che potranno essere subappaltate e dall’altro il gruppo dei possibili subappaltatori genericamente designabili

Entrambe le interpretazioni risultano coerenti con un sistema flessibile, in grado di assicurare all’affidatario una adeguata autonomia  nella gestione dell’appalto, garantendo allo stesso tempo alle stazioni appaltanti l’instaurazione di corretti rapporti contrattuali.

Il legislatore nazionale ha accolto una interpretazione intermedia, tendenzialmente volta a rendere più trasparente il meccanismo della sostituzione del subappaltatore (ove l’operatore indicato non risulti in possesso dei requisiti previsti) e a facilitare la subappaltabilità della prestazione stessa.

L’art. 105 prevede infatti l’obbligo in capo al concorrente di indicare, oltre alle prestazioni che intende subappaltare, tre (potenziali) subappaltatori (la cosiddetta “terna”).

A seguito delle modifiche apportate dal decreto correttivo, l’art. 105, comma 6, del Codice rende obbligatoria l’indicazione della terna innanzitutto negli appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia comunitaria.

L’importo dell’appalto è una condizione obiettivamente verificabile e non soggetta a valutazione discrezionale della stazione appaltante, che consente di individuare con certezza le ipotesi in cui sussiste il citato obbligo.

L’obbligatoria indicazione della terna consente di rendere più trasparenti i subappalti che, in quanto afferenti a procedure “soprasoglia”, risultano di valore più consistente. L’indicazione di tre potenziali subappaltatori consente inoltre di renderne più celere l’eventuale sostituzione, nel caso in cui si riscontri l’assenza dei requisiti indicati all’art. 80 del Codice; il concorrente dispone infatti di una rosa di subappaltatori immediatamente disponibile a cui attingere a tali fini.

Per le procedure “soprasoglia” il reperimento di tre potenziali subappaltatori è agevolato dall’importo del subappalto che, nonostante il limite percentuale previsto dal Codice, può essere ritenuto appetibile o almeno sufficiente a sollecitare l’attenzione di più operatori. A ciò si aggiunga che l’impegno necessario all’individuazione dei tre potenziali subappaltatori, da segnalare alla stazione appaltante già in sede di offerta, può essere ritenuto un onere di partecipazione proporzionato alla rilevanza dell’appalto.

La combinazione di un ridotto valore contrattuale e di un limite percentuale al subappalto, infatti, potrebbe indurre a ritenere irragionevole per il concorrente l’onere di individuare non uno ma tre potenziali subappaltatori a cui affidare una esigua porzione della prestazione; il ridotto valore del subappalto può rendere inoltre più difficile l’individuazione di subappaltatori disponibili.

Negli appalti “sottosoglia”, infatti, la stazione appaltante non può chiedere l’indicazione della terna; in questo caso l’ultimo periodo dell’art. 105, comma 6, prevede invece che la stazione appaltante indichi nella documentazione di gara “le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all’art. 80 prima della stipula del contratto stesso, per l’appaltatore e i subappaltatori[13].

Deducendo a contrario dall’art. 105, comma 6, primo periodo, nella procedura “sottosoglia” il concorrente deve indicare solo l’intenzione di subappaltare e le parti della prestazione oggetto di subappalto. Da parte sua la stazione appaltante è tenuta invece a disciplinare le modalità e soprattutto i tempi per la verifica dell’assenza di motivi di esclusione (o della sussistenza dei “requisiti generali”) in capo al subappaltatore, verifica che deve avvenire prima della stipula del contratto. Mancando in tal caso l’indicazione della terna e la conseguente disponibilità di una rosa di possibili subappaltatori, il concorrente viene reso subito edotto delle modalità con cui la stazione appaltante procederà alle verifiche relative al subappaltatore, affinché lo stesso possa adottare le opportune misure volte a segnalare un subappaltatore in possesso dei requisiti previsti e a sostituire eventualmente tale subappaltatore in caso di assenza dei requisiti.

Il terzo periodo dell’art. 105, comma 6, prevede tuttavia che tali verifiche siano condotte prima della stipula del contratto, quindi anche prima della richiesta di autorizzazione al subappalto e del momento in cui è normalmente reso noto il nominativo del subappaltatore. Se ne deduce quindi che nelle procedure “sottosoglia”, sebbene non sia richiesta l’immediata indicazione del nominativo del subappaltatore, il concorrente è tenuto a comunicare alla stazione appaltante il nominativo del subappaltatore, se non in gara, almeno dopo l’aggiudicazione per consentire le verifiche previste dalla citata disposizione.

L’art. 71, comma 2, della direttiva 2014/24/UE suggerirebbe, in via semplicemente tendenziale in ragione della sua applicabilità, di chiedere l’indicazione del nominativo in sede di offerta. La successiva segnalazione, nella fase antecedente alla stipula, potrebbe risultare infatti poco trasparente. A ciò si aggiunga che tale soluzione risulta poco in linea con le esigenze di semplificazione e snellezza della procedura e, in generale, di ragionevolezza: non è ragionevole chiedere l’indicazione del subappaltatore in sede di prestipula in quanto in tale fase il subappalto non si è ancora concretizzato con la stipula del subcontratto e con la richiesta di autorizzazione alla stazione appaltante. La norma, per come formulata, obbliga il concorrente a segnalare e la stazione appaltante a controllare un potenziale subappaltatore che ben potrebbe non divenire mai tale.

L’indicazione della terna è inoltre prevista, indipendentemente dall’importo, negli appalti aventi a oggetto le attività indicate all’art. 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012 (attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa)[14].

Si tratta evidentemente di quei casi in cui le esigenze di trasparenza e di immediata disponibilità di una rosa di potenziali subappaltatori, ai fini di una rapida sostituzione, si fanno più forti in ragione della particolarità dell’attività e del settore di riferimento, ritenuti “maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa”. Tuttavia, considerato che le imprese operanti in tali settori di attività  sono sottoposte a stringenti controlli ai fini dell’iscrizione nelle cosiddette “white list” e che le stesse hanno spesso grande familiarità con la partecipazione alle procedure di gara, è poco probabile che se ne renda necessaria la sostituzione.

La disposizione quindi introduce un vincolo per le procedure aventi ad oggetto determinate attività, coerente con le esigenze di trasparenza a cui è ispirato l’obbligo di immediata indicazione della terna dei subappaltatori, accentuate dalle finalità per le quali tali attività sono state individuate e rese oggetto di una specifica disciplina nell’ambito dell’affidamento dei contratti e dei subcontratti pubblici.

Il legislatore del decreto correttivo ha invece abrogato l’art. 105, comma 6, nella parte in cui disponeva l’obbligatoria indicazione della terna nel caso di appalti “soprasoglia” “per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione”. La norma coglieva un punto fondamentale: il concorrente può incontrare notevoli difficoltà nell’individuazione dei tre potenziali subappaltatori qualora l’appalto abbia ad oggetto prestazioni che richiedono una particolare specializzazione. Un più elevato livello di specializzazione infatti riduce la platea dei potenziali concorrenti e, di conseguenza, dei potenziali subappaltatori, rendendo via via più complessa l’individuazione della terna da segnalare nell’ambito dell’offerta. 

Occorre rilevare tuttavia che, nel caso di appalti complessi, è spesso possibile individuare prestazioni specialistiche accanto a prestazioni generiche per le quali non è necessaria una specifica competenza né specializzazione ma collegate alle prime. Ciò avrebbe dovuto indurre a distinguere, quanto all’imposizione dell’obbligo di indicazione della terna, le prestazioni del primo tipo da quelle del secondo.

La norma sembrava invece consentire una valutazione della prestazione sostanzialmente unitaria e complessiva, senza possibilità di distinguerne le diverse componenti sulla base delle specifiche caratteristiche; di conseguenza la stazione appaltante poteva o prevedere o escludere l’obbligo di indicazione della terna, senza possibilità di articolazione di questo obbligo in relazione alle diverse prestazioni.

Il Codice, a seguito della modifica apportata dal decreto correttivo, non contiene una disposizione analoga, escludendo ogni valutazione della stazione appaltante sulle caratteristiche delle prestazioni. Quindi al ricorrere delle condizioni previste e nonostante il carattere specialistico delle prestazioni oggetto dell’appalto, il concorrente potrebbe essere obbligato a indicare una terna di subappaltatori anche in relazione a prestazioni di tipo specialistico, affrontando così gli oneri connessi all’individuazione di più controparti commerciali in mercati caratterizzati da una ridotta platea di potenziali contraenti.

Occorre aggiungere che, in linea di principio, l’indicazione della citata terna, in caso di prestazioni non specialistiche, non pone particolari problemi sotto il profilo della rivelazione delle relazioni commerciali intrattenute dal concorrente, trattandosi di prestazioni di carattere generico, rese da una vasta platea di operatori. In mercati di questo tipo, le relazioni commerciali tra gli operatori sono destinate a comporsi e ricomporsi con dinamicità, senza compromettere i profili di riservatezza delle attività, da ritenersi peraltro ridotti se non nulli.

Diversa è l’ipotesi in cui, nonostante il carattere specialistico delle prestazioni, la stazione appaltante faccia obbligo di indicare la terna: in tale ipotesi il concorrente potrebbe avere interesse a tenere riservati i propri legami commerciali, soprattutto in un mercato caratterizzato da un numero limitato di operatori; l’obbligo di rivelarli potrebbe pertanto esporre il partecipante a rischi, magari  non giustificati da uno specifico e prevalente interesse della stazione appaltante a conoscere in via preventiva e nel numero prescritto i nominativi dei possibili subappaltatori. L’indicazione dei nominativi già in sede di offerta rivelerebbe infatti almeno l’avvio di contatti prenegoziali con gli operatori indicati se non un pregresso legame commerciale. Infatti, al di fuori dei casi in cui la stazione appaltante obblighi i concorrenti alla designazione dei subappaltatori già in fase di gara, il nominativo di questi ultimi è destinato ad essere rivelato solo in sede di autorizzazione al subappalto, quindi in una fase successiva alla procedura di gara.

Permane però la previsione di cui all’art. 105, comma 5, secondo cui, il subappalto dei lavori e delle componenti “di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica” è soggetto al tradizionale limite del  30 per cento e non può essere affidato a più soggetti. Con l’avvento del decreto correttivo, il carattere specialistico della prestazione ha assunto rilevanza non a monte, in sede di offerta e al momento della indicazione dei possibili subappaltatori, ma a valle, al momento dell’affidamento del contratto di subappalto.

Infatti il legislatore, in relazione alle prestazioni di cui all’art. 105, comma 5, non esclude l’obbligo di designazione della terna ma impone di non affidarne il subappalto a più soggetti. Con ciò viene ribadita implicitamente la rilevanza che il carattere specialistico delle prestazioni può assumere ai fini del subappalto, lasciando supporre una platea ristretta di possibili subappaltatori.

La citata disposizione lascia tuttavia aperta anche la possibilità che il subappalto sia suddiviso tra più possibili subappaltatori, qualora sussistano ragioni obiettive.

Considerata quindi l’attuale formulazione dei commi 5 e 6 dell’art. 105, occorre a questo punto rilevare la asimmetria delle due disposizioni che, da un lato, rendono obbligatoria l’indicazione della terna anche per gli appalti aventi ad oggetto prestazioni specialistiche e dall’altro escludono che il relativo subappalto possa essere suddiviso; in tal modo l’indicazione della terna può risultare utile ai soli fini di eventuali sostituzioni.

Dall’art. 105, comma 6, è stata altresì espunta la previsione che consentiva alla stazione appaltante di disporre, nel bando di gara, l’obbligatoria indicazione della terna dei subappaltatori in casi diversi e ulteriori, “anche sotto le soglie di cui all’art. 35”; la norma quindi faceva sì che casi ulteriori di obbligatoria indicazione della terna potessero essere individuati prescindendo dal presupposto relativo all’importo della procedura ovvero da quello relativo alla non particolare specializzazione richiesta dalla prestazione[15], rendendo più complessa la preparazione dell’offerta da parte del concorrente, sotto il profilo dell’impegno nella ricerca dei possibili subcontraenti.

La disciplina attuale, per come formulata e in linea con la legge delega, esclude che la stazione appaltante possa imporre il citato onere dichiarativo al di fuori dei casi espressamente previsti e descritti in modo vincolante.

Le considerazioni svolte possono tuttavia valere per l’ipotesi, prevista dall’attuale formulazione della norma e sopra riportata, di obbligatoria indicazione della terna nell’ipotesi in cui “gli appalti di lavori, servizi e fornitureindipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa”. Anche in questo caso è possibile che l’appalto riguardi una o più di queste attività e altre attività non sottoposte a tale particolare regime. Occorre pertanto chiarire se l’obbligo di indicazione della terna riguardi tutte le prestazioni oggetto dell’appalto o esclusivamente quelle maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa.

Da ultimo il decreto correttivo, modificando l’art. 105, comma 6, ha stabilito che “nel caso di appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni, la terna dei subappaltatori va indicata con riferimento a ciascuna tipologia di prestazione omogenea prevista nel bando di gara”.

Sulla base della precedente formulazione del Codice, non era chiaro se l’indicazione della terna riguardasse cumulativamente tutte le prestazioni oggetto di subappalto o se, invece, dovesse essere indicata una terna di possibili subappaltatori per ciascuna prestazione. È ora chiaro che il concorrente dovrà indicare tre potenziali subappaltatori, non genericamente e cumulativamente con riferimento alle prestazioni che intende subappaltare, ma per ciascuna tipologia di prestazione “omogenea” (quindi comprendente anche prestazioni diverse ma rientranti nel medesimo ambito di attività).

Nel caso di appalti “soprasoglia” la norma può essere utile al fine di chiarire l’onere dichiarativo del concorrente; può essere fuorviante invece se applicata in modo da imporre l’indicazione della terna sia per le prestazioni che rientrano nelle attività esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, sia per quelle che non vi rientrano. In tal caso infatti risulterebbe violata la ratio  della norma, imponendo ai concorrenti un onere non giustificato che potrebbe limitarne la partecipazione; ciò risulterebbe ancor più evidente nel caso di appalti “sottosoglia”, in quanto il ridotto importo dell’appalto e, di conseguenza, del subappalto potrebbe rendere particolarmente difficile oltre che onerosa l’individuazione di tre potenziali subappaltatori.

L’imposizione di un generale obbligo di indicazione della terna, anche in caso di subappalto di prestazioni non rientranti tra le attività citate, rischierebbe quindi di snaturare il contenuto dell’obbligo, oltre a porsi in contrasto con la norma che sembra prevederlo in relazione ad appalti che includono esclusivamente attività esposte al rischio di infiltrazione mafiosa.

Quindi per gli appalti “soprasoglia” che comprendono prestazioni “a rischio” e “non a rischio”, l’obbligo di indicazione della terna deve ritenersi sussistente per entrambe le tipologie di prestazione; per i medesimi appalti ma di importo inferiore alla soglia comunitaria, il medesimo obbligo dovrebbe essere riferito alle sole prestazioni “a rischio”.

 

  1. Modalità pratiche di definizione della terna e responsabilità precontrattuale

Al fine di inquadrare correttamente la posizione dell’operatore economico che intende partecipare alla procedura di gara ma non eseguire in proprio l’intera prestazione, occorre analizzare l’articolazione dei rapporti con i potenziali subappaltatori, da segnalare in sede di partecipazione alla procedura e a cui eventualmente affidare poi parte della prestazione.

Maturata l’intenzione di partecipare alla procedura e di ricorrere al subappalto, con elevata probabilità, il concorrente contatterà le imprese con cui ha relazioni commerciali nell’ambito della sua normale attività o le eventuali ulteriori imprese operanti nell’ambito del settore merceologico a cui è riferibile la prestazione da subappaltare, individuate sulla base di una specifica analisi di mercato.

Naturalmente il potenziale appaltatore contatterà imprese che ritiene idonee, sia sotto il profilo del possesso dei requisiti necessari a rivestire il ruolo di subappaltatori sia sotto il profilo della capacità di esecuzione della specifica prestazione; si tratterà pertanto di operatori di cui è noto il possesso dei requisiti generali e di quelli speciali eventualmente richiesti nonché competenti e  affidabili, avendone l’appaltatore diretta conoscenza per ragioni di consuetudine commerciale o avendo gli stessi fornito rassicurazioni e precise indicazioni in tal senso.

Infatti il mancato possesso da parte del subappaltatore dei requisiti previsti non consente alla stazione appaltante di rilasciare la prescritta autorizzazione al subappalto. L’appaltatore inoltre è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante per l’esecuzione della commessa; in altri casi è prevista invece una responsabilità solidale dell’appaltatore e del subappaltatore (cfr. art. 105, commi  8, 9 e 14, del Codice, per quanto riguarda l’osservanza degli obblighi contributivi e retributivi, del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nonché degli obblighi di sicurezza nei confronti dei dipendenti del subappaltatore).

Ai fini della definizione della terna dei subappaltatori e della formulazione dell’offerta (tecnica ed economica) per la partecipazione alla procedura, l’appaltatore dovrà verificare la disponibilità dei soggetti così individuati e le condizioni (tecniche ed economiche) che questi intendono praticare  nell’ambito dell’eventuale subappaltato (cfr. al riguardo il vincolo posto dall’art. 105, comma 14, del Codice per quanto riguarda il prezzo che l’appaltatore deve praticare nei confronti del subappaltatore per le prestazioni affidate in subappalto – “gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20 per cento, nel rispetto degli standard qualitativi e prestazioni previsti nel contratto di appalto”).

Infatti, solo dopo aver acquisito la disponibilità dei possibili subappaltatori all’esecuzione di determinate prestazioni a determinate condizioni tecniche ed economiche, il concorrente sarà in grado di elaborare una strategia di partecipazione e definire le proprie convenienze in vista della formulazione di un’offerta consapevole a latere competitoris; la preventiva acquisizione di tali elementi consente altresì di evitare che il concorrente, divenuto aggiudicatario, risulti non più in grado di subappaltare le prestazioni per il venir meno della disponibilità dei soggetti inizialmente indicati o per un mutamento delle condizioni del subappalto, tale da rendere non più remunerativa per l’appaltatore l’offerta formulata (ad esempio, per un aumento del corrispettivo del subappalto che, riducendo il margine di utile previsto per la commessa, renda la stessa non più conveniente). Ciò comporta tuttavia lo svolgimento di necessarie trattative, prodromiche alla partecipazione e, in caso di aggiudicazione, alla eventuale conclusione del contratto di subappalto.

Tali trattative, per offrire al concorrente/potenziale subcommittente sufficienti garanzie in termini di effettiva disponibilità del subappaltatore e di determinazione delle condizioni del subappalto, devono raggiungere un livello di sviluppo e definizione altrettanto avanzato, sufficiente comunque a consentire la successiva stipula del contratto di subappalto. Pertanto le citate trattative potrebbero assumere caratteristiche tali da ingenerare nelle controparti, cioè nelle imprese da indicare in sede di offerta come potenziali subappaltatrici, il ragionevole e giustificato affidamento sulla futura stipula del contratto di subappalto.

Occorre considerare che il Codice prevede che il concorrente indichi una terna di subappaltatori e successivamente, qualora risulti aggiudicatario e assuma la veste di appaltatore, depositi il contratto di subappalto e l’autodichiarazione relativa alla insussistenza dei “motivi di esclusione” di cui all’art. 80, designando così in maniera tendenzialmente definitiva il subappaltatore. Quindi, la concreta designazione del subappaltatore afferisce alla fase di esecuzione del contratto e non a quella di gara, in cui sono invece individuati i potenziali contraenti. Di conseguenza, fatto salvo il caso in cui la medesima prestazione, parte dell’oggetto contrattuale, sia affidata a più subappaltatori[16], nella fase di esecuzione si passerebbe da una rosa di tre imprese segnalate a una sola impresa designata quale subappaltatrice.

Tali considerazioni, unitamente alla naturale incertezza circa l’esito della procedura, comportano che il concorrente, nella fase delle trattative finalizzate alla individuazione dei possibili subappaltatori e alla definizione delle condizioni del subappalto (quindi nella fase della elaborazione delle offerte in vista della partecipazione alla procedura), debba aver cura di precisare che tale negoziazione potrebbe non condurre alla conclusione del contratto, nonostante il livello di definizione degli elementi del futuro negozio e il necessario grado di impegno che il potenziale subappaltatore deve garantire. Ciò per due ordini di ragioni:

1) per la scarsa competitività dell’offerta presentata, sotto il profilo tecnico e/o economico, che pertanto non conduce alla aggiudicazione della procedura;

2) per la precisa scelta dell’appaltatore che, risultato aggiudicatario, designa solo una delle tre imprese indicate in sede di offerta.

Al di là delle specifiche precisazioni del concorrente e potenziale appaltatore, tale monito tuttavia è implicito nello svolgimento di trattative per la stipula di un contratto di subappalto legato non a un appalto privato ma a un appalto pubblico, trattandosi di conseguenze normalmente legate all’alea della partecipazione alla procedura.

A ben vedere, però, nel primo caso il concorrente può recedere dalle trattative in considerazione della sopravvenienza di un fatto obiettivamente non dipendente dalla volontà dello stesso ma dalla normale competizione tra i concorrenti; in tal caso non è ipotizzabile una violazione della regola di buona fede nello svolgimento delle trattative.

Nel secondo caso invece è necessario svolgere ulteriori considerazioni. Infatti il concorrente aggiudicatario deve aver chiarito nei confronti di ciascuna delle imprese, segnalate nell’ambito della terna, la possibilità che solo una di esse possa essere scelta come subappaltatrice a seguito dell’aggiudicazione[17]. La scelta e la conseguente stipula del contratto di subappalto con una di esse, poi, determina l’interruzione delle trattative con le altre[18].

Occorre pertanto valutare tale condotta alla luce del principio di buona fede, al fine di verificare se l’appaltatore, che sceglie come subappaltatrice una delle imprese appartenenti alla terna indicata in sede di gara, incorra in responsabilità precontrattuale nei confronti delle altre due.

La più corretta regola di condotta suggerirebbe all’appaltatore di definire dei criteri per tale scelta, condividendoli con le controparti, prevedendo ad esempio che, in caso di aggiudicazione e fermo restando le condizioni già previste nelle trattative antecedenti alla procedura di gara, la scelta ricada sull’impresa che ha proposto un ulteriore miglioramento delle condizioni economiche (essendo immodificabili quelle tecniche indicate in sede di offerta) o ulteriori vantaggi rispetto a quanto già proposto. Deve però trattarsi di criteri predeterminati, oggettivi, trasparenti, riferiti a elementi e circostanze successive alla prima fase di negoziazione, che giustifichino la successiva scelta di una determinata impresa tra le tre indicate, senza alcuna violazione della regola della buona fede oggettiva.

Qualunque altro criterio legato al mero arbitrio o a circostanze antecedenti e già note al momento della conduzione delle trattative potrebbe rendere la successiva pretermissione dei potenziali subappaltatori, diversi da quello effettivamente designato, contrastante con la regola di buona fede. Infatti l’appaltatore che già ha intenzione di scegliere, ai fini della stipula del contratto di subappalto, una determinata impresa, per ragioni di serietà, affidabilità, idoneità o convenienza delle condizioni proposte, non dovrebbe continuare le trattative con le altre in quanto tali trattative verrebbero condotte nella piena consapevolezza che, in caso di aggiudicazione e salvo il caso di sostituzione di cui all’art. 105, comma 12, tali imprese non saranno mai designate quali subappaltatrici. È anche possibile che le medesime imprese siano state avvertite del fatto che  non saranno mai affidatarie di subappalti ma in tal caso la terna indicata in gara sarebbe in parte fittizia[19].

Può accadere inoltre che, condotte le trattative per la definizione della rosa dei possibili subappaltatori, il concorrente riesca a individuare un numero di potenziali subappaltatori inferiore a tre, a causa dell’indisponibilità delle imprese contattate o della non convenienza delle condizioni da queste proposte oppure ancora perché tali condizioni evidenziano la netta convenienza della proposta di una delle imprese che, avendo offerto condizioni assolutamente preferibili, è destinata con certezza a essere, in caso di aggiudicazione, l’effettivo subappaltatore.

Quindi, la continuazione delle trattative al solo fine di disporre di almeno tre imprese potrebbe esporre il concorrente aggiudicatario a responsabilità precontrattuale nei confronti di alcune di esse, in particolare, di quelle pretermesse in sede di stipula del contratto di subappalto.

Ciò dovrebbe indurre il concorrente a selezionare i possibili subappaltatori e indicare unicamente le imprese che hanno proposto le condizioni migliori circa il futuro contratto di subappalto ovvero che offrono le maggiori garanzie di integrità e professionalità, con le quali cioè è più probabile la concretizzazione, in caso di aggiudicazione, del subappalto. Imprese non necessariamente pari a tre ma anche in numero inferiore.

Occorre considerare che la giurisprudenza ha analizzato la relazione concorrente/subappaltatore, sia pure ad altri fini. In un caso è stato affermato che “l’indicazione del subappaltatore non implica necessariamente una previa formalizzazione dei rapporti tra subappaltatore stesso e concorrente che lo indica[20], in considerazione della possibilità che il subappaltatore sia indicato come tale a sua insaputa, senza alcun preventivo accordo con il concorrente e a prescindere da qualunque trattativa in merito alle condizioni tecnico-economiche del futuro subappalto.

Tuttavia, in altra pronuncia, si afferma che “l’indicazione di un soggetto come subappaltatore, intanto può dirsi rispettosa dell’obbligo in tal senso introdotto dal legislatore delegato, all’evidente scopo di conseguire una maggiore e immediata trasparenza delle offerte dei concorrenti, in quanto l’indicazione medesima sia connotata in termini di effettività e serietà. Essa, detto altrimenti, non può prescindere da un previo accertamento, da parte del concorrente prima, e della stazione appaltante dopo, tanto della disponibilità del subappaltatore ad assumere tale ruolo, quanto del possesso da parte dello stesso dei requisiti generali di gara (cfr. in tal senso anche l’art. 80, co. 5 del d.lgs. n. 50/2016, per cui: Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’art. 105, comma 6, …”)[21]. L’indicazione della terna pertanto non può essere semplicemente “fittizia” ma deve essere seria ed effettiva; ciò presuppone pertanto che il concorrente innanzitutto verifichi la reale disponibilità dell’altro operatore essere indicato quale potenziale subappaltatore. Infatti il concorrente dovrà produrre anche i DGUE relativi ai subappaltatori indicati, in relazione ai quali la stazione appaltante potrebbe chiedere gli opportuni chiarimenti (come nel caso della pronuncia citata); ciò presuppone l’instaurazione di una collaborazione tra concorrente e potenziali subappaltatori in vista della partecipazione. In sostanza è implicito nell’impianto del Codice la necessità di un rapporto reale, effettivo, comunque non apparente, tra concorrente e potenziali subappaltatori in vista della partecipazione alla procedura, rapporto che si traduce naturalmente nello svolgimento di trattative sulle condizioni tecnico-economiche a cui può essere assicurata la disponibilità dei subappaltatori indicati.

Il problema descritto risulta amplificato se solo si considera che l’art. 105, comma 6, del Codice richiede ora che l’indicazione della terna dei subappaltatori sia riferita a “ciascuna tipologia di prestazione omogenea”.

Quid iuris, qualora siano indicati uno o due subappaltatori anziché una terna, sebbene questa si richiesta dalla stazione appaltante in fase di gara?

 

  1. La mancata indicazione della terna: soccorso istruttorio?

L’art. 83, comma 9, del nuovo Codice prescrive che “in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo” la stazione appaltante deve assegnare al concorrente un termine non superiore a dieci giorni al fine di consentirgli di rendere, integrare o regolarizzare le dichiarazioni.

La disposizione, da ultimo modificata dal decreto correttivo in modo da essere più chiara e lineare, consente  l’attivazione della procedura di soccorso istruttorio al fine di sanare “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda...con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica” ma non prevede più che all’attivazione del soccorso istruttorio consegua il pagamento della sanzione pecuniaria, prevista nel testo originario del d.lgs. n. 50 del 2016 e nel previgente d.lgs. n. 163 del 2006; il correttivo ha infatti escluso l’applicazione della sanzione al fine di rendere la disposizione di cui all’art. 83, comma 9, conforme alla legge delega che prevede la gratuità del soccorso istruttorio.

Ciò posto, alla luce della disposizione, la mancata indicazione della terna dei subappaltatori può essere considerata una carenza formale della domanda e quindi una carenza sanabile ai sensi del citato art. 83, comma 9: l’obbligo di indicazione della terna, previsto dalla documentazione di gara e comunque dall’art. 105, può essere assolto mediante l’indicazione dei potenziali subappaltatori nella specifica sezione del documento di gara unico europeo; inoltre con ulteriori DGUE i subappaltatori, come previsto dall’art. 80, commi 1 e 5, del Codice, dichiarano l’insussistenza dei motivi di esclusione di cui ai medesimi commi.

Come affermato anche dalla giurisprudenza, l’omessa indicazione della terna è una irregolarità sì essenziale ma sanabile (cfr. al riguardo TAR Lombardia, Sez. II, 29/12/2016, n.1790; TAR Lazio, Sez. III, 20/11/2017, n. 11438; TAR Piemonte, Sez. II, 17/01/2018, n. 94).

La dichiarazione relativa alla terna è infatti una dichiarazione non irripetibile, la cui omissione e successiva integrazione non altera il confronto competitivo. Di conseguenza, qualora il concorrente non abbia indicato la terna completa dei possibili subappaltatori, come prescritto nella documentazione di gara (ad esempio, indicando uno o due appaltatori su tre ovvero, dichiarando di volersi avvalere del subappalto, pur non indicando alcun subappaltatore), la stazione appaltante deve attivare la procedura di soccorso istruttorio[22].

Qualora l’omissione sia frutto di semplice errore, tale procedura consentirà di integrare l’elenco e di disporre di un più ampio ventaglio di imprese per la scelta del subappaltatore.

La mancata integrazione, mediante l’indicazione degli ulteriori nominativi fino al completamento della terna, dovrebbe determinare invece l’esclusione del concorrente.

Questi tuttavia potrebbe aver indicato uno o due subappaltatori intenzionalmente, al fine di non incorrere in responsabilità precontrattuale conducendo trattative contrarie a buona fede. Ciò in quanto:

  • le negoziazioni avviate non gli hanno consentito di assicurarsi la disponibilità di tre imprese;
  • non è riuscito a definire preventivamente con tre imprese condizioni convenienti per il futuro contratto di subappalto;
  • non è riuscito a definire criteri rispondenti alla regola di buona fede per la “selezione” dell’effettivo subappaltatore;
  • le imprese contattate non hanno accettato la possibilità di essere pretermesse nella successiva designazione del subappaltatore.

In tali casi, all’esito della procedura di soccorso istruttorio, la stazione appaltante potrebbe non ricevere l’integrazione richiesta e dover disporre, ai sensi dell’art. 83, comma 9, l’esclusione del concorrente.

Si giunge così a una conseguenza irragionevole: il concorrente, per non essere escluso dalla procedura, deve integrare la rosa dei possibili subappaltatori con una indicazione fittizia di ulteriori imprese o coinvolgendo ulteriori imprese in trattative precontrattuali che potrebbero esporlo a responsabilità.

In conclusione, qualora il concorrente abbia indicato una lista di potenziali subappaltatori non completa dell’indicazione dei tre nominativi prescritti, l’attivazione del soccorso istruttorio può consentire di completare tale lista e di rimediare all’omissione frutto di semplice errore.

Qualora l’indicazione di una lista incompleta sia invece legata a una precisa scelta del concorrente, deve essere consentito allo stesso di non provvedere alla integrazione, motivandone le ragioni, senza che ciò possa essere considerato una “integrazione inadeguata” o un “inutile decorso del termine di regolarizzazione”, determinando così l’esclusione del concorrente.

Pertanto, si può ritenere che in caso di mancata indicazione dei nominativi dei potenziali subappaltatori o di indicazione numericamente insufficiente, la stazione appaltante debba procedere comunque all’attivazione del soccorso istruttorio al fine di consentire al concorrente la designazione; ciò non solo in ragione dell’obbligo di individuazione della terna previsto per la fase di gara ma anche al fine di non privare il potenziale futuro aggiudicatario della disponibilità di un “bacino” di subappaltatori a cui attingere nella successiva fase di esecuzione.

L’intenzionale e motivata indicazione di un numero di subappaltatori inferiore a tre non può invece tradursi nell’esclusione del concorrente.

Occorre tuttavia che il concorrente stesso abbia designato nominativamente almeno un operatore quale possibile subappaltatore. Infatti i commi 1 e 5 dell’art. 80 del Codice riferiscono le cause di esclusione da essi previste anche alle imprese designate quali possibili subappaltatrici; l’indicazione nominativa è essenziale pertanto ai fini della verifica del possesso dei requisiti richiesti.

Occorrerà così verificare le ragioni della mancata indicazione della terna e valutare le stesse secondo un criterio di ragionevolezza e di correttezza, al fine di evitare che l’adempimento di un obbligo imposto dalla disciplina di gara possa tradursi in un illecito ed esporre il concorrente a forme di responsabilità nei confronti dei terzi.

 

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[1] Cfr. Cassazione civile, Sez. II, 11/8/1990, n. 8202.

[2] Cfr. Cassazione civile, Sez. II, 5/9/1994, n. 7649.

[3] Cfr. Cassazione civile, Sez. I, 11/11/2009, n. 23903.

[4] Cfr. Cassazione civile, Sez. I, 11/11/2009, n. 23903.

[5] È pur vero che sulla base dell’art. 95, comma 12, del Codice la stazione appaltante può non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in ragione dell’oggetto del contratto ma è anche vero che tale facoltà deve essere espressamente indicata nella documentazione e appare pertanto frutto di una scelta della stazione appaltante stessa.

[6] Dichiarazione, già in sede di offerta, dell'intenzione di subappaltare e delle prestazioni oggetto di subappalto; possesso da parte del subappaltatore della qualificazione necessaria all'esecuzione della prestazione; possesso da parte del subappaltatore dei requisiti generali di cui all'art. 80 del Codice; individuazione quale subappaltatore di un soggetto che non abbia presentato offerta nell'ambito della procedura (vedi infra).

[7] Si precisa poi, quasi a titolo esemplificativo, che costituiscono attività che richiedono l’impiego di manodopera “le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”. Quindi la previsione che prima del decreto correttivo individuava i contratti che, nell’ambito degli appalti di lavori, non costituivano “comunque” subappalto, si trasforma, mutatis mutandis, in una disposizione che individua invece in positivo e in modo esemplificativo i contratti che costituiscono invece subappalto (cfr. previgente art. 105, comma 2, quarto periodo: “per gli appalti di lavori non costituiscono comunque subappalto le forniture senza prestazione di manodopera, le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale non sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare”). L'art. 105, comma 3, del Codice elenca inoltre le attività che, per le loro specificità, non configurano subappalto.

[8] Tale obbligo era già previsto dall’art. 118, comma 11, ultimo periodo, del d.lgs. n. 163 del 2006.

[9] Cfr. determinazione A.V.C.P. 15 ottobre 2003, n. 14: “l'Autorità è dell'avviso che le stazioni appaltanti possono inserire nei bandi gara, anche sulla base delle singole situazioni ambientali che abbiano già condotto all'adozione di formali iniziative con gli organismi istituzionalmente preposti, la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, clausola che estrinseca una più puntuale definizione del principio della segretezza delle offerte, nel rispetto dell'articolo 1, comma 1, della legge 109/1994 e s.m.i.”.

[10] Ha affermato l’Autorità: “la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, è una presa d'atto dell'evoluzione, in termini di concentrazione e aggregazione, del mercato imprenditoriale la cui conseguenza può essere la riduzione dell'effettivo confronto concorrenziale fra imprese. Al contrario l'individuazione del miglior contraente per l'amministrazione è garantita grazie al rispetto del principio di libera concorrenza che presuppone offerte serie, indipendenti e segrete. In tale contesto, la probabilità che si producano effetti distorsivi sulla regolarità della procedura di affidamento alterando la competizione, rappresenta un alto fattore di rischio, cui l'amministrazione non può esporsi se non con grave pregiudizio dell'erario. Ne consegue che la tutela al miglior contraente possibile deve essere attuata al momento della gara senza attendere l'eventualità o meno che si verifichi una lesione concreta”.

[11] Cfr. Consiglio di Stato, parere dell'Adunanza della Commissione speciale, n. 782 del 2017: “Le direttive del 2014, rispetto alle precedenti del 2004, per la prima volta includono nella disciplina del subappalto finalità che finora erano state specifiche della legislazione italiana, ossia una maggiore trasparenza e la tutela giuslavoristica. È vero che nemmeno le nuove direttive, al pari delle previgenti, contemplano espressamente limiti quantitativi al subappalto, salva la possibilità per la stazione appaltante di esigere di conoscere preventivamente i nomi dei subappaltatori e la facoltà per gli Stati membri di imporre norme di tutela giuslavoristica. Tuttavia, la complessiva disciplina delle nuove direttive, più attente, in tema di subappalto, ai temi della trasparenza e della tutela del lavoro, in una con l’ulteriore obiettivo, complessivamente perseguito dalle direttive, della tutela delle micro, piccole e medie imprese, può indurre alla ragionevole interpretazione che le limitazioni quantitative al subappalto, previste da legislatore nazionale, non sono in frontale contrasto con il diritto europeo. Esse vanno infatti vagliate, e possono essere giustificate, da un lato alla luce dei principi di sostenibilità sociale che sono alla base delle stesse direttive, e dall’altro lato alla luce di quei valori superiori, declinati dall’art. 36 TFUE, che possono fondare restrizioni della libera concorrenza e del mercato, tra cui, espressamente, l’ordine e la sicurezza pubblici”.

[12] Ancora più evidente nella versione in lingua inglese della direttiva “In the procurement documents, the contracting authority may ask or may be required by a Member State to ask the tenderer to indicate in its tender any share of the contract it may intend to subcontract to third parties and any proposed subcontractors”.

[13] La norma prevede che la stazione appaltante precisi nella documentazione di gara, anche i mezzi di prova richiesti per la dimostrazione “delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dal comma 13 dell’art. 80

[14] Si tratta delle seguenti attività: trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; trasporto e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri. Tale elenco è da ritenersi “mobile”, in quanto può essere aggiornato entro il 31 dicembre di ogni anno con specifico decreto (cfr. art. 1, comma 54, della legge n. 190 del 2012). Tali attività sono ritenute maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa; pertanto, per l’affidamento di appalti e subappalti aventi ad oggetto tali attività, è sempre necessaria l’acquisizione della documentazione antimafia, indipendentemente dall’importo (cfr. art. 52 della legge n. 190 del 2012). Le imprese che intendono svolgere tali attività possono chiedere l'iscrizione in specifici elenchi. L’iscrizione nelle white list tiene luogo delle comunicazioni e delle informazioni antimafia liberatorie, presupposto necessario, tra l’altro, per la stipula dei contratti e dei subcontratti pubblici.

[15] In tali casi, in sede di determina a contrarre, la stazione appaltante avrebbe dovuto adeguatamente motivare le ragioni di tale obbligo, al fine di consentirne la verifica sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità e in considerazione dell’ostacolo alla partecipazione che esso determina. A seguito del decreto correttivo, tale disposizione è stata abrogata a vantaggio della complessiva trasparenza delle valutazioni afferenti al subappalto. Ha rilevato il Consiglio di Stato, nel citato parere reso in merito alla bozza di decreto correttivo, che “la legge delega ha demandato al decreto delegato “l’espressa individuazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo d’indicare, in sede d’offerta, una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di attività prevista in progetto”, sicché il codice non può esonerarsi da tale compito, rinviando alla stazione appaltante l’indicazione della terna ogniqualvolta ritenga “necessario conoscere anticipatamente i nominativi dei subappaltatori”. Il criterio, infatti, è troppo generico e deve necessariamente essere completato con ulteriori parametri, la cui predisposizione è rimessa alla potestà attribuita all’Amministrazione di disciplinare la materia de qua”.

[16] Si può ipotizzare una sorta di subappalto frazionato in cui più imprese concorrono alla medesima prestazione, con la stipula di un contratto di subappalto plurilaterale. Si tratta comunque di un’ipotesi che non è diffusa nella prassi.

[17] È possibile tuttavia che l’aggiudicatario designi quali subappaltatrici contemporaneamente le tre imprese, evitando di incorrere in eventuali responsabilità.

[18] Il riscontro del mancato possesso dei requisiti in capo al subappaltatore così individuato consente alla stazione appaltante di chiederne la sostituzione, con la conseguenza che le negoziazioni con gli altri operatori, prima interrotte, possono tuttavia essere riprese al fine di individuare un nuovo subappaltatore. Ciò può avvenire sia in fase di gara, prima dell’aggiudicazione, in occasione dei controlli sul possesso dei requisiti del potenziale aggiudicatario e dei suoi subappaltatori ma anche successivamente, dopo l’aggiudicazione e la stipula del contratto, in occasione dell’autorizzazione al subappalto.

[19] Non è da escludere tuttavia che l'appaltatore faccia presente ai diversi potenziali subappaltatori uno specifico ordine di nomina, destinato a consentire le sostituzioni richieste dalla stazione appaltante nel caso in cui il subappaltatore inizialmente proposto non risulti in possesso dei requisiti richiesti. Anzi l’appaltatore stesso potrebbe aver individuato più possibili subappaltatori proprio al fine di disporre in via preventiva di “subappaltatori di riserva” per il caso in cui si rendano necessarie delle sostituzioni. È opportuno rilevare infatti che la stazione appaltante può chiedere la sostituzione del subappaltatore non in possesso dei requisiti anche nei casi in cui non è richiesta l’indicazione della terna; in tal caso l’operatore che funge da sostituto potrebbe non appartenere alla rosa di subappaltatori già indicata dal concorrente in sede di offerta e comparire per la prima volta negli atti della procedura.

[20] Cfr. TAR Piemonte, Sez. II, 8/3/2017, n. 328.

[21] Cfr. TAR Lombardia, Sez. IV, 20/9/2017, n. 1837.

[22] Al riguardo occorre anche tener presente che la dichiarazione relativa alla terna dei subappaltatori, resa in fase di gara, condiziona poi la possibilità di ricorrere al subappalto in fase di esecuzione e la designazione del medesimo subappaltatore, da individuare tra quelli già segnalati alla stazione appaltante.