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Corte di Cassazione: definire “animale” un bambino o una persona è reato di diffamazione.
Corte di Cassazione, Sezione V Penale, sentenza n. 34145 del 26 luglio 2019.
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte di Cassazione ha rilevato che nonostante la recente giurisprudenza di legittimità ha mostrato alcune "aperture" verso un linguaggio più diretto e "disinvolto", talune espressioni presentano ex se carattere insultante.
Sono obiettivamente ingiuriose – continua il Supremo Collegio - quelle espressioni con le quali si "disumanizza" la vittima, assimilandola a cose o animali (Sez. 5, n. 42933 del 29/09/2011, Gallina, in motivazione). Paragonare un bambino a un "animale", inteso addirittura come "oggetto" visto che il padre ne viene definito "proprietario", è certamente locuzione che, per quanto possa essersi degradato il codice comunicativo e scaduto il livello espressivo soprattutto sui social media, conserva intatta la sua valenza offensiva.