ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Civile



Nota a Corte di Giustizia dell'Unione Europea - Sezione decima, Sentenza 7 settembre 2017, Causa C - 247/16

Mancata tutela del consumatore se contratto di vendita ha natura accessoria. A cura di Salvatore Messina
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La sentenza in commento affronta il delicato tema della tutela dei consumatori. L’evoluzione di tale materia, tanto normativa quanto giurisprudenziale, si caratterizza per l’intento di rafforzare la tutela della parte debole del contratto al momento dell’assunzione degli obblighi. Nondimeno, è necessario - ed in ciò la pronuncia di cui si tratta è esemplificativa - individuare il perimetro applicativo della normativa a tutela dei consumatori, onde evitare distorsioni e disparità applicative.  Pertanto, la pronuncia in commento ha indicato come la normativa UE a tutela dei consumatori si estenda anche ai contratti d’opera, ma solo qualora la prestazione di un’opera sia preceduta dalla vendita di un bene e se la prestazione di servizi d’opera non sia l’oggetto principale del contratto stesso, nonché nell’eventualità n cui la vendita non abbia un carattere meramente accessorio rispetto alla prestazione.

La vicenda per cui è causa trae origine verte sulla corretta interpretazione della direttiva 1999/44. In particolare, due coniugi avevano commissionato dei lavori ad un’impresa edile per la ristrutturazione della piscina. L’impresa di costruzioni, accettando l’incarico, aveva anche ottenuto il pagamento dell’intero importo pattuito. Ultimate le operazioni di manutenzione e messa in pristino, con l’effettivo utilizzo della piscina erano emersi diversi vizi, legati per lo più all’azionamento dell’impianto di pulizia della piscina. I coniugi facevano rilevare tali disservizi all’impresa che aveva effettuato i lavori, la quale respingeva ogni addebito e negava qualsiasi intervento ulteriore, non volendo inoltre contribuire neanche al pagamento delle spese che il marito aveva dovuto sostenere per rimediare ai difetti. 

Investiti della questione, i Giudici comunitari hanno delineato il perimetro applicativo della direttiva in esame, precisando se le garanzie offerte dal diritto UE possano essere estese o meno anche nei contratti d’opera. Ponendo mente al testo della direttiva 1999/44, così come modificata dalla direttiva 2011/83/UE, si evince come la ratio normativa sia quella di un avvicinamento delle disposizioni dei vari Stati membri in materia di beni di consumo, relativamente alle modalità di vendita e conseguenti garanzie. Preliminarmente, è essenziale fornire una corretta definizione della nozione di “vendita”, affinché possano scattare le tutele comunitarie. Recte, è indispensabile che sussista in contratto di vendita. 

Nel caso portato alla cognizione dei giudici comunitari, la Corte ha preliminarmente verificato se l’attività dell’imprenditore che ristruttura la piscina, di certo professionale, fosse equiparabile al contratto di vendita ovvero rappresentasse un contratto d’opera, il che avrebbe escluso l’applicazione della direttiva 1999/44. Preme evidenziare che l’ordinamento interno (tedesco) qualifica l’attività in esame come contratto d’opera. Tuttavia, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la circostanza che nella direttiva non sia stata fornita una nozione comunitaria di contratto di vendita non implica la necessità di attingere a quelle contenute nei singoli ordinamenti nazionali per la qualificazione dell’attività. Ammettendo tale soluzione, si smentirebbe la ratio dell’intervento normativo, ossia quello di avvincere le legislazioni dei singoli Stati membri, creando un minimo comune denominatore in punto di tutela. Pertanto, secondo i Giudici comunitari non è possibile basarsi sui singoli ordinamenti nazionali per classificare un atto quale vendita, ma è necessario individuarne una nozione autonoma, di matrice comunitaria, la quale va interpretata uniformemente su tutto il territorio dell’Unione Europea. 

L’espediente individuato dalla Corte comunitaria è quello di assimilare il contratto di vendita a quelli di prestazione di servizi. In tale ottica, possono essere considerati contratti di vendita quelli afferenti a beni di consumo, da fabbricare o produrre. Pertanto, la vendita di un bene, il quale venga però prima fabbricato e prodotto, rientra nell’ambito operativo della direttiva. Invece, per estendere l’ambito applicativo della direttiva in esame ad altre tipologie contrattuali, la Corte di Giustizia dell’UE impone delle specificazioni. Relativamente ai contratti di prestazione di servizio, che il diritto interno qualifica come contratti d’opera, è infatti necessario ai fini dell’applicazione della direttiva 1999/44 che la prestazione di servizi dia solo accessoria alla vendita. 

Pertanto, i Giudici Comunitari hanno precisato che se in un contratto d’opera la vendita di beni necessari all’attività è meramente accessoria rispetto ad una prestazione, il contratto non viene classificato quale vendita e, conseguentemente, la direttiva di cui si tratta non può essere qualificata. Indi, nel caso di specie, i coniugi tedeschi avevano concluso un contratto per la ristrutturazione della piscina che comportava la vendita di alcuni beni necessari per la ristrutturazione, ma la Corte comunitaria ritiene che la prestazione di servizio (cioè l’installazione dei beni) sia l’oggetto principale del contratto d’opera, poiché la vendita dei beni ha invece carattere meramente accessorio rispetto alla prestazione di servizi. 

Quindi, nel caso de quo, i Giudici lussemburghesi hanno ritenuto non applicabile la direttiva 1999/44.