ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Studi



Corte di Cassazione, sezione seconda, sentenza n. 7065 dell’11 aprile 2016. Sulla vendita di appartamento con area di parcheggio insufficiente.

di Giovanna Nalis

Un condomino invoca la nullità di un contratto di compravendita avente ad oggetto un appartamento, dapprima proprietà di un fratello e successivamente ceduto all’altro fratello con il parcheggio pertinenziale, per violazione dell’art. 18 della Legge n. 765/1967 e dell’art. 9 della Legge 122/98. Nella prospettiva dell’attore, in tal modo era stato trasferito lo spazio adibito a parcheggio coperto, comprensivo della quota parte di spettanza dell’appartamento dello stesso. Si replicava che l’area adibita a parcheggio era invero insufficiente a soddisfare le esigenze di tutti gli appartamenti, e quindi era stata asservita all’immobile ceduto al fratello. 

Il Tribunale rigetta la domanda, considerando impraticabile l’ulteriore suddivisione della residua area anche in favore dell’attore.

Il giudice d’appello, invece, riconosce all’attore appellante, previa declaratoria di nullità parziale dell’atto di vendita, il diritto reale d’uso sulla quota parte dell’area di parcheggio

La Cassazione ribalta la decisione della corte di secondo grado, rinviando la causa al giudice territoriale.

Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, secondo il testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia.

Pertanto, in un giudizio intercorrente tra l’acquirente che si considera illegittimamente privato del diritto all’uso dell’area pertinente a parcheggio L. 6 agosto 1967, n. 765, ex art. 18, ed un terzo che abbia acquistato porzione di tale area, alla nullità del contratto di compravendita relativo a singole unità immobiliari, nella parte in cui risulti sottratta la superficie destinata all’inderogabile funzione di parcheggio, consegue l’integrazione della convenzione negoziale ope legis, con l’attribuzione, in favore dell’acquirente dell’unità immobiliare, del diritto reale d’uso di tale area, e, in favore dell’alienante, di un corrispettivo ulteriore, da concordarsi tra le parti, ovvero, in difetto, da determinarsi giudizialmente, in tal modo ripristinando l’equilibrio del sinallagma contrattuale (Cass. 18 aprile 2000, n. 4977).

Ad opinione della Suprema Corte, in appello si era considerato che il dante causa aveva legittimamente alienato al fratello l’intera area parcheggio in precedenza acquistata, e da ciò si faceva derivare la nullità parziale della compravendita. Per consolidata giurisprudenza, nel fabbricato condominiale di nuova costruzione, nonché nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio destinato a parcheggio, nella misura di un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio medesimo, consegue la nullità del contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione ope legis del negozio, mediante il riconoscimento di un diritto reale di uso, dell’area, in favore del condomino, e nella misura corrispondente ai parametri della normativa applicabile ratione temporis (cfr. Cass. 27 dicembre 2011, n. 28950).  Secondo la Corte gli spazi che devono essere riservati a parcheggio possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961).

Per affermare, come ha fatto il giudice territoriale, la nullità parziale ai sensi dell’art. 1418 c.c. dell’atto pubblico, riconoscendo all’attore il diritto reale d’uso sull’area di parcheggio, occorre accertare l’avvenuta riserva al momento della realizzazione dell’edificio all’interno della concessione edilizia di una sufficiente ed individuata area da destinare a parcheggio, come richiesto dalla Legge urbanistica. 

Soltanto attraverso la determinazione di un preciso spazio, interno ovvero esterno all’edificio, idoneo ad essere utilizzato con funzione di parcheggio, e la successiva stipulazione di un atto di compravendita della singola porzione immobiliare, con espressa esclusione, o mancata menzione, del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d’uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, è possibile pervenire alla dichiarazione di nullità di tale atto. 

In sostanza, l’effettiva esistenza di uno spazio destinato a parcheggio proporzionato alla cubatura totale dell’edificio nel provvedimento abilitativo all’edificazione è condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al suo uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato (Cass. 18 aprile 2003, n. 6329; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961; Cass. 7 maggio 2008, n. 11202; Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393; Cass. 5 maggio 2009, n. 10341; Cass. 8 agosto 2014, n. 17813).

Non è corretto quindi riconoscere un diritto reale di uso, in favore dell’attore, in una misura comunque non corrispondente ai canoni di legge, in modo soltanto da condividere i disagi dell’insufficienza dell’area di parcheggio con l’altro condomino, in quanto l’integrazione ope legis del contratto di acquisto del ricorrente può avvenire solo se sussistono le specificate condizioni di fatto, nella proporzione aritmetica stabilita dalla normativa, imperativa ed inderogabile, vigente in materia.

Inoltre, secondo i principi generali di allocazione dell’onere istruttorio, spetta all’attore, che deduca la nullità dell’atto di acquisto da parte di terzi di un’area di parcheggio vincolata al diritto d’uso ex art. 41 sexies della Legge urbanistica, provare che il bene oggetto dell’alienazione sia compreso nell’ambito delimitato dalla norma.