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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Rischio sequestro penale per gli stabilimenti balneari con concessione demaniale scaduta.

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Corte Suprema di Cassazione, III Sezione Penale, sentenza n. 25993 del 12 giugno 2019.

In base alla direttiva Bolkestein dell'Unione Europea e alla Sentenza della Corte di Giustizia Europea C-458/14, non è possibile sfruttare economicamente un bene demaniale se non a seguito di vittoria di gara con evidenza pubblica, non essendo più applicabile la proroga automatica delle concessioni in essere.

Nel caso in esame la Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova impugnava, con ricorso per cassazione, l’ordinanza del Tribunale di Genova che aveva respinto la richiesta di disporre, in danno dell’imputato, il sequestro preventivo impeditivo di un'area demaniale nella sua disponibilità, in relazione al reato di cui all'art. 1161 codice della navigazione.

Il Tribunale nella decisione ravvisava l'insussistenza del fumus in relazione all'elemento materiale della condotta e ritenendo che non potesse disapplicarsi la normativa nazionale, che aveva disposto nel tempo rinnovi automatici delle concessioni demaniali, per contrasto con la direttiva n. 123/2006 (cd Direttiva Bolkestein), vertendosi in ipotesi di applicazione in malam partem di tale normativa.

Il Procuratore della Repubblica, nel ricorso per cassazione, deduceva che il fumus dell'elemento materiale del reato era evidente in quanto, essendo stata contestata l'occupazione di area demaniale con concessione scaduta, le normative nazionali di proroga dei termini di durata delle concessioni erano in contrasto con la direttiva n. 123/2006 (cd Direttiva Bolkestein), con l'art. 49 del Trattato TFUE, come rimarcato sia dalla giurisprudenza sovranazionale della Corte di Giustizia (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15) che da quella nazionale di legittimità (Sez.3, n. 21281 del 16/03/2018).

Il Collegio, pronunciandosi favorevolmente al ricorso, ha preliminarmente rilevato che la stessa Suprema Corte, in altre pronunce, ha affermato che, ai fini dell'integrazione del reato previsto dall'art. 1161 c.n., la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime, prevista dal D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18, (conv. in L. 26 febbraio 2010, n. 25), presuppone la titolarità di una concessione demaniale valida ed efficace.

La Corte ha fatto richiamo alla L. 15 dicembre 2011, n. 217, art. 11, comma 1 che ha abrogato il D.L. n. 400 del 1993, art. 1, comma 2, la quale stabiliva che "Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni, rinnovabili automaticamente di ulteriori 6 anni ad ogni scadenza.

L’abrogazione del D.L. n. 400 del 1993 si era resa necessaria per chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea e per rispondere all'esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consentisse lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare-ricreativa.

Come rilevato dalla Corte Costituzionale (sent. 213, 18 luglio 2011) – continua il Supremo Collegio- nel valutare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali in tema di proroga automatica di concessioni demaniali, il menzionato D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha "carattere transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato - Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonchè in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37 c.n., comma 2.

Logico corollario di tale impostazione è che le disposizioni ex L. n. 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alle concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la L. n. 88 del 2001, e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al D.L. n. 400 del 1993, come modificato dalla L. n. 88 del 2001, introdotta nel 1993 ed abrogata nel 2001.

Secondo quanto già affermato dalla stessa Corte la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, circostanza che impone una verifica da parte della competente amministrazione sul rilievo che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone un controllo circa la sussistenza di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio.

La CGUE, interrogata dal Tar Lombardia e Tar Sardegna sul quesito pregiudiziale della compatibilità del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18 con la direttiva Bolkestein, ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate; una siffatta procedura contrasterebbe con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli artt. 49, 56 e 106 del TFUE.

A seguito della predetta sentenza della CGUE, il legislatore nazionale è intervenuto con il D.L. 24 giugno 2016, n. 113, conv. con modd. in L. 7 agosto 2016, n. 160 7 (recante: "Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio"), adeguando la materia ai principi di derivazione europea.

Successivamente la Suprema Corte ha precisato che la legge del 2016 si è limitata a stabilire che ".... conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base al D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25".

Sulla base di tutte le precedenti osservazioni la Corte ha accolto il ricorso e, per l’effetto, annullato l’ordinanza impugnata in quanto nel caso di specie la concessione era stata rilasciata all'indagato nell'anno 1998 e risultava scaduta in data 31.12.2009, senza che il titolo concessorio fosse stato oggetto di legittime proroghe tacite, escluse dalla normativa vigente in materia.