ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Il Consiglio di Stato sulla presunta illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 4, Legge n. 47 del 5 marzo 2001, in materia di intese lesive della concorrenza o di abusi di posizione dominante sul mercato.

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Consiglio di Stato, Sezione VI, Ordinanza n. 3134 del 14 maggio 2019.

Con l’ordinanza n. 3134 del 14 maggio 2019, il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale concernente la novella che, nel 2001, ha riformulato in melius il trattamento sanzionatorio previsto per le infrazioni gravi in materia di intese lesive della concorrenza.

Il Collegio ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 comma 4 della Legge 5 marzo 2001 n.57, nella parte in cui, nell’introdurre una nuova disciplina sanzionatoria delle infrazioni gravi in materia di intese lesive della concorrenza o di abusi di posizione dominante sul mercato, per le quali la sanzione pecuniaria da applicare non contempla più il minimo edittale dell’uno per cento del fatturato specifico dell’impresa interessata, non abbia anche previsto che tale disciplina più favorevole sia da applicare retroattivamente.

Il Consiglio di Stato rileva che l’art. 11 in esame nulla dice di esplicito in ordine alla sua possibile retroattività; nel silenzio, deve quindi essere ritenuta non retroattiva in conformità alla previsione generale dell’art. 1 della l. 689/1981.  

Ciò è in contrasto con quanto stabilito dalla stessa Corte, 20 luglio 2016 n.193, che ha respinto la relativa eccezione di incostituzionalità sul presupposto che la norma citata disponga nel senso della irretroattività della disciplina sanzionatoria amministrativa più favorevole.

il Collegio, inoltre, dubita della conformità dell’art. 11 in esame al disposto degli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7 della CEDU.

La norma infatti –continua il Collegio- da un lato protegge beni rilevanti per tutta la collettività dei cittadini, come la concorrenza e la correttezza nelle relazioni di mercato, e dall’altro prevede sanzioni della stessa natura delle sanzioni pecuniarie penali, oltretutto per importi non trascurabili, ai quali si ricollega una notevole forza afflittiva.

Va evidenziato per completezza che non rileva la circostanza per cui, in via generale ed anche nel caso specifico, queste sanzioni sono applicabili a imprese costituite in forma di persone giuridiche: in proposito infatti va notato che un pregiudizio al patrimonio della società viene comunque sopportato dai soci, e che l’ordinamento nazionale ha da lungo tempo abbandonato il concetto tradizionale della non responsabilità penale delle persone giuridiche, alle quali attualmente sono applicabili sanzioni penali, proprio del tipo in esame, ovvero pecuniarie.

Si tratta quindi di una norma che prevede una sanzione sostanzialmente penale, che dovrebbe essere disciplinata come tale, in particolare nel senso della retroattività della norma sanzionatoria più favorevole.

Il Collegio ha dunque disposto la sospensione del giudizio davanti al Consiglio di Stato e ordinato alla Segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.